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  • IL RICAMBIO DELLA CASTA (Italians-Corriere Della Sera, 4 agosto 2011)

    Caro Severgnini,  la “rabbia” di tanta parte del popolo italiano verso la nostra  “casta repubblicana” di oggi,  secondo Lei, è diversa da quella del popolo francese di Luigi XVI solo perché non siamo  ancora arrivati a “catturare i sorci per placare i morsi della fame” o perché ci manca il “sacro  fuoco” dell’orgoglio dei nostri eroi e dei nostri “padri della Patria” e altro non siamo che  dei rammolliti?

    Raffaele Pisani

    (Italians-Corriere Della Sera, 4 agosto 2011)

  • IL SINDACO GIUSTO? MONSIGNOR MILINGO ! (ROMA, 12 aprile 2011)

    Egregio Direttore Cusenza, la chiami pure “provocazione”… ma quanta verità c’è in questo mio “atto di dolore” ! I fatti parlano chiaro: per Napoli ci vuole un sindaco che abbia qualità soprannaturali e, soprattutto, che sia all’altezza di competere e di combattere con il “demonio-cancro- piovra” che continua ad avere la meglio. L’unico disponibile sulla piazza potrebbe essere l’ex  monsignor Milingo, esorcista di chiara fama ( Papa Giovanni Paolo II  aveva in grande  considerazione questa dote del Vescovo africano) che ha liberato migliaia di persone schiave di satana ( ha fallito solo il tentativo di  liberarsi della sua mogliettina coreana Maria Sung). Credo sia proprio la persona giusta. Chi altri, se  no? La storia testimonia che tutti coloro che hanno conquistato la poltrona di “palazzo San  Giacomo” – onesti, attivi, ben disposti ecc. – si sono dovuti scontrare con un sistema  diabolicamente articolato di corruzione, malaffare, inefficienza, ignoranza, volgarità ecc. che,  inevitabilmente, ha stroncato tutto quanto di buono era nelle intenzioni del “primo cittadino” di  turno. Quindi, il nuovo sindaco – diamo per scontato sia il più onesto, generoso, elegante, fattivo  dei miei concittadini – dovrà affrontare una realtà dominata da una moltitudine di napoletani che ,  invece di  rimboccarsi le maniche e lavorare seriamente, ancora stanno a piangere il “furto di  Garibaldi” che, un secolo e mezzo fa,  si portò a Torino tutto l’oro dei Borbone; poi dovrà scontrarsi un’ altra ampia fascia  di cittadini che vivono sperando solo: ” ca vence ‘o Napule” ; e poi ancora tutti coloro che sono  tormentati dallo stabilire finalmente se la nostra parlata è un dialetto o una lingua; e poi con gli inetti, gli  incapaci, i disonesti, i disamorati del lavoro, i volgari, gli sguaiati ecc. che, purtroppo, riescono sempre a vincerla! Pertanto, se due più due fa quattro, l’unico adatto a tentare di mettere le cose a posto a Napoli è l’ex monsignor Milingo, o comunque qualsiasi altro essere umano che sia innanzitutto un autorevole esorcista!

    Raffaele Pisani

    (ROMA, 12 aprile 2011)

  • LA TELEVISIONE SI AFFIANCHI ALLA SCUOLA (LA SICILIA, 21 settembre 2006)

    Non credo di sbagliare se affianco il principale ruolo della televisione a quello della scuola. Per cui, se il compito dei docenti è quello di istruire gli alunni e arricchirli con il giusto insegnamento proponendo un interessante programma scolastico affinché si formino uomini degni per costruire un domani migliore, il compito primario della Tv dovrebbe essere quello di affiancarsi, naturalmente con le dovute differenze, a quello della scuola. Se nella scuola è il professore a dire agli scolari cosa devono studiare per arricchirsi culturalmente, in televisione dovrebbero essere i rsponsabili ad avere l’accortezza di non dare in pasto ai telespettatori programmi che, sempre più spesso, offendono addirittura anche le intelligenze più modeste. Voglio dire che la Tv, dalle reti nazionali alle private, ma a maggior ragione la Tv pubblica pagata dai cittadini, dovrebbe, in linea di principio, soprattutto istruire in qualche modo l’utente limitando al massimo trasmissioni che danno valore principalmente al “dio corpo”, al “dio denaro”, al “dio stupidità”, al “dio insulsaggine”, al “dio audience”, trasmissioni che, se da un lato rimpinguano le tasche dei pubblicitari, dall’altro impoveriscono, e non poco, gran parte di una società sempre più in balia di falsi idoli, di bassissima cultura e di sogni irrealizzabili. Insomma, come il maestro, pur rispettando desideri e gusti degli allievi, li indirizza, per il loro bene, verso la “giusta via”, così la Tv ha il dovere sacrosanto di trovare il modo di amalgamare divertimento e cultura, leggerezza ed eleganza, spettacolo e istruzione.

    Raffaele Pisani

    (LA SICILIA, 21 settembre 2006)

  • LE COINCIDENZE E LE ANALOGIE TRA PAPA BENEDETTO XVI, SAN FRANCESCO D’ASSISI E PAPA FRANCESCO (Italians-Corriere Della Sera, 22 luglio 2013)

    Quando S.S. Benedetto XVI decise di lasciare la sua carica di Papa – lo scorso febbraio e di spogliarsi di ogni privilegio, vidi, in tale gesto, una notevole attinenza con l’epocale decisione di Francesco d’Assisi che, sempre nel mese di febbraio, del 1206, si “spogliò” di ogni ricchezza terrena divenendo “il santo poverello” che ancora, dopo tanti secoli, continua ad incantare i cuori di miliardi di cristiani,  e non solo. Ma, al gesto e alle parole di Benedetto XVI, azzardo anche qualche affinità con l’operato di Giovanni (il) Battista, che si definiva “voce di uno che grida nel deserto e prepara la via del Signore”.  E Benedetto XVI non ha forse, con tale incredibile decisione, “gridato” nel “deserto di questo nostro tempo” che ha indurito i cuori di tanta umanità? Di sicuro Papa Ratzinger non sapeva chi avrebbe preso il suo posto ma, secondo me, se è vera come è vera la presenza dello Spirito Santo, era fermamente convinto che colui website like this che lo avrebbe sostituito sul Trono di Pietro sarebbe “venuto a battezzare una nuova Chiesa in Spirito Santo e fuoco”. E a me sembra che Papa Francesco stia facendo proprio questo!

    Raffaele Pisani

    (Italians-Corriere Della Sera, 22 luglio 2013)

  • LETTERA A UN GIOVANE CHE VUOLE ANDARE VIA DA NAPOLI (MAGMA, 23 marzo 2013)

    Fabio è un giovane diciassettenne che vuole andarsene da Napoli per una rapina subita qualche giorno fa da due giovinastri che, minacciandolo con un coltello, gli hanno rubato cellulare e orologio. Ho letto che la sua famiglia condivide tale decisione e lo seguirà. Ma è stato questo unico episodio a determinare, appunto, tale decisione? O è la goccia che ha fatto traboccare il vaso? Fabio e famiglia – che evidentemente sognano una terra diversa – probabilmente hanno perso la speranza che Napoli possa uscire da un coprifuoco oramai endemico, e vogliono “scappare”. Una giornalista, scrivendo dell’accaduto, dice a Fabio:” Napoli più che lasciata a sè come un campetto disgraziato, va coltivata e seminata dei tuoi perché, delle tue domande, della tua rabbia, paura, schifo…” Io, 72enne napoletano che a Napoli ho dedicato e dedico tutta la mia vita, dico a Fabio: scappa! Non per l’orologio e il cellulare che ti hanno vigliaccamente fregato (questo può succedere ovunque) bensì perché nella nostra città (benedetta da Dio e maledetta dagli uomini!), specialmente per i giovani che vogliono emergere, non esiste alcuna speranza! Da oltre settant’anni altro non sento che chiacchiere! E settant’anni non sono pochi. Tutti promettono, nessuno tiene fede agli impegni. Quelli che a Napoli hanno “potere” altri non sono – per la maggior parte – che un esercito di “lampadine fulminate”, alleato con una volgarità sempre più dilagante, con una politica malata, impotente e schiava della corruzione e del malaffare, che riesce quasi sempre a vanificare ogni buon progetto. Già nel 1886, quindi ben centoventisette anni fa, il nostro massimo poeta Salvatore Di Giacomo scriveva:-” La mia fissazione è questa, che Napoli è una città disgraziata, in mano di gente senza ingegno e senza iniziativa. Tutto procede irregolarmente, abbandonato ai peggiori”. Con una condanna tanto cruda, che la città si porta sul groppone, sarà mai possibile ripulirla da tutte le “monnezze” – materiali e morali – che la insozzano? Che facciamo? Chiediamo aiuto agli esorcisti? Speriamo nella bacchetta magica di qualche nuova forza politica? Continuiamo a confidare – inutilmente – nel risveglio delle coscienze? Aspettiamo il bel “principe azzurro” che con il suo bacio trasformi la “Napoli-rospo” in “città regina”? Da secoli aspettiamo “amministratori” che davvero amino la nostra terra, che la curino con capacità, intelligenza ed onestà. Da secoli speriamo che in tutti noi si risvegli l’orgoglio e la consapevolezza di essere nati in una delle più belle città dell’universo. Speriamo… aspettiamo… e moriamo nella “monnezza, nell’inettitudine e nella corruzione”. La gente perbene non ha “voce”; chi amministra non è “illuminato”, e se lo è, viene subito spento da una lobby di sciagurati che opera solo per il proprio tornaconto. Ed eccoci precipitare giorno dopo giorno, sempre di più, nel “buco nero” della dannata rassegnazione! E questo dura da secoli. Leggetela la storia: Napoli, Campania, Meridione sono da sempre terre di conquista, e noi sempre ad applaudire il conquistatore di turno, e per un tozzo di pane o di qualche fatua concessione – tranne l’eroica ribellione di qualcuno – ci siamo lasciati calpestare nella dignità e nell’orgoglio. Altro non abbiamo saputo fare che recitare: “Napule è tale e quale a ‘o franfellicco, ognuno vene, allicca arronza e se ne va!” E allora, cosa fare? A Fabio e a tutti i giovani che pur tentano quotidianamente di operare onestamente, che vogliono “crescere”, che non intendono svendere la loro dignità in cambio dei privilegi del malaffare e della corruzione, dico: mettete le ali alle vostre speranze e volate lontano, ci sono terre dove troverete le giuste risposte alle vostre aspettative, dove la dignità del civile vivere quotidiano è presente in ogni pietra e in ogni cuore. Dove è impensabile che un gruppo di malavitosi dia fuoco e distrugga “la città della scienza”, un “monumento” culturale di eccezionale importanza, voluto e realizzato da un gruppo di uomini di buona volontà, che aveva ridato un po’ di smalto alla nostra martoriata terra. Giovani, volate lontano, troverete terre con gente che “costruisce” e non distrugge, per incuria ed ignoranza, l’ area archoelogica di Pompei che tutto il mondo ci invidia e che tanti nostri conterranei – quelli che Napoli ce l’hanno sulle labbra ma non nel cuore! – stanno riducendo in uno stato pietoso. E poi hanno la spudoratezza di fare gli offesi quando il mondo intero dice che siamo del tutto inaffidabili!

    Raffaele Pisani

    (MAGMA, 23 marzo 2013)

  • Lettere
    1. IL PAPA CHE VORREI (La Repubblica,  4 maggio 2013)
    2. LE COINCIDENZE E LE ANALOGIE TRA PAPA BENEDETTO XVI, SAN FRANCESCO D’ASSISI E PAPA FRANCESCO (Italians-Corriere Della Sera, 22 luglio 2013)
    3. L’UOMO DELLE MERAVIGLIE E’ TRA NOI! (LA SICILIA, 11 luglio 2013)
    4. PAPA FRANCESCO NOSTRO
    5. L’OMELIA CHE VORREI ACOLTARE (LA SICILIA, 19 giugno 2013)
    6. CONGRATULAZIONI ALLA MIA CAMPANIA PER L’ENNESIMO “OSCAR DELLA VERGOGNA” (IoDONNA, 13 luglio 2013)
    7. RICOSTRUIRE LA COSCIENZA PER RICOSTRUIRE “LA CITTA’ DELLA SCIENZA” (L’Espresso, 18 aprile 2013)
    8. LETTERA A UN GIOVANE CHE VUOLE ANDARE VIA DA NAPOLI (MAGMA, 23 marzo 2013)
    9. “REGALE” O “PROLETARIO” IL MATRIMONIO PUO’ DURARE, SE … (Italians-Corriere Della Sera, 15 luglio 2011)
    10. 21 DICEMBRE 2012 , E’ UNA BUFALA ?… (IL MATTINO,  21 luglio  2010)
    11. ALTRO CHE “LEGGE PER LO STUDIO DEL DIALETTO”, SI FACCIA UNA LEGGE PER LO STUDIO DELLA “EDUCAZIONE!” (LA SICILIA, 21 febbraio 2011)
    12. CHIESA, VANGELI, DIVORZIATI (IoDONNA, 13 febbraio 2012)
    13. ELEZIONI, VINCE LA VOLGARITA’ ! (AVVENIRE, 30 maggio 2006)
    14. I “FALSI PROBLEMI” CONTINUANO AD UCCIDERE NAPOLI (IlSole24ORE, 31 marzo 2011)
    15. I POLITICI PAGHINO I TECNICI (PANORAMA, 23 novembre 2011)
    16. IL CULTO DEI MORTI? MEGLIO PRIMA QUELLO DEI VIVI! (L’Espresso, 02 novembre 2010)
    17. IL DIALETTO SI SALVA SALVANDO LA POESIA! (IL MATTINO, 01 luglio 2012)
    18. IL RICAMBIO DELLA CASTA (Italians-Corriere Della Sera, 4 agosto 2011)
    19. IL SINDACO GIUSTO? MONSIGNOR MILINGO ! (ROMA, 12 aprile 2011)
    20. LA TELEVISIONE SI AFFIANCHI ALLA SCUOLA (LA SICILIA, 21 settembre 2006)
    21. MA DAVVERO GIUDA TRADI’ GESU’ ? (LA SICILIA, 31 marzo 2010)
    22. MA QUALE SINDACO LEGHISTA, PER NAPOLI OCCORRE UN SINDACO ROBOT (ROMA, 19 agosto 2010)
    23. MALFATTORI E POETI : NECESSARIA UNA PAR CONDICIO (LA SICILIA, 8 maggio 2010)
    24. NAPOLI RINASCE ? NON E’ VERO MA… CI VOGLIO CREDERE ! (Corriere Del Mezzogiorno, 03 giugno 2011)
    25. NON “UCCIDIAMO” IL LUPO (IoDONNA-Corriere Della Sera, 12 marzo 2011)
    26. ONORE ALL’ITALIA CON LA LEGGENDA DEL PIAVE, L’INNO DI MAMELI E IL TRICOLORE SU OGNI BALCONE (IlSole24ORE, 29 dicembre 2010)
    27. POLITICA E ISTITUZIONI: MANCO IL TEMPO DI AFFEZIONARTI CHE … (L’Unità, 01 marzo 2010)
    28. PORTERO’ ”LI’” IL PARADISO CHE HO SOGNATO”QUI” (IL MESSAGGERO, 24 ottobre 2011)
    29. POTETE DISTRUGGERE LA CITTA’, NON I MIEI SOGNI (LA SICILIA, 31 marzo 2011)
    30. SUL TRICOLORE IL DISEGNO DELL’ITALIA (Corriere Della Sera, 15 gennaio 2011)
    31. SUPERENALOTTO: META’ DEL JACKPOT PER LE CARCERI (IlSole24ORE, 26 settembre 2010)
    32. TRE ” MATERIE ” DA INSEGNARE : EDUCAZIONE, ELEGANZA, AMORE ! (LA SICILIA, 21 febbraio 2011)
    33. UN VOTO A S. AGATA: MENO “DEVOTO” PIU’ “EDUCATO” (LA SICILIA, 30 gennaio 2012)
    34. VI DICO I MOTIVI PER I QUALI NAPOLI MUORE (Italians-Corriere Della Sera, 07 luglio 2011)
    35. RIFLESSIONI POETICHE SULLA PREGHIERA
    36. “LETTERA” a FRANCESCA per “San Valentino 2015”“LETTERA” a FRANCESCA per “San Valentino 2015”
    37. “Lettera” al PRESIDENTE della REPUBBLICA per la mafia e la corruzione che infangano l’Italia
    38. A QUALE DIO HA SMESSO DI CREDERE UMBERTO VERONESI ?
    39. CANTICO DI FRATE SILENZIO
    40. NAPOLI NON DECOLLA SENZA I NAPOLETANI
    41. CHI SONO QUELLI CHE NON AMANO L’ITALIA E NON MERITANO “LA GRANDE BELLEZZA”
    42. GIUSEPPE MOSCATI, IL MEDICO SANTO
    43. QUANDO UNA LIBRERIA CHIUDE
  • L´albero tuio

    L’ALBERO TUIO

    Cammina
    sott”o sole d’austo,
    e curre
    ncopp”arena cucente,
    e, quanno
    nemmeno ‘o mare te darrà frischezza,
    e, quanno
    stanca te sentarraie
    e guliosa ‘e cuiete
    viene e reposete
    sott”a chest’ombra,
    io so’ l’albero tuio.

  • L’OMELIA CHE VORREI ACOLTARE (LA SICILIA, 19 giugno 2013)

    Vorrei ascoltare un’omelia che fosse un momento di ispirata riflessione e non una prolusione di parole e concetti abusati; un’omelia che facesse comprendere a tutti che per essere un buon cristiano bisogna essere innanzitutto un buon cittadino, un lavoratore serio e coscienzioso, che si impegni al massimo in ogni compito affidatogli, che comprenda le necessità di chi ha difronte cercando di risolvere il problema che gli viene posto e non, al contrario, di complicarglielo maggiormente; un’omelia che facesse breccia nel cuore “dell’uomo di potere” per spingerlo a mettersi al servizio della comunità e ripetesse, senza mai stancarsene, che si deve operare per il bene di tutti e non solo per il proprio tornaconto; un’omelia che affrontasse il problema delle disumane condizioni delle carceri; che prendesse posizione sul  diritto di cittadinanza per tutti i figli degli stranieri che nascono in Italia. Vorrei ascoltare un’omelia che “aprisse la Chiesa” ai preti che si vogliono sposare, agli omosessuali, che permettesse ai divorziati risposati di avvicinarsi all’Eucaristia, che riconoscesse alle suore gli stessi diritti che hanno i sacerdoti ricordandosi che Gesù, Dio fatto uomo, nato dal ventre della Vergine, scelse come prime persone cui apparire da risorto Maria di Magdala e “l’altra Maria” riconoscendo così alle donne… una pari dignità! Vorrei ascoltare un’omelia che condannasse l’omertosa ipocrisia nel sottacere gli scandali della pedofilia e della corruzione. Vorrei ascoltare l’omelia di una Chiesa che collaborasse con le Istituzioni per regolamentare il complesso problema della prostituzione e si adoperasse per mettere al bando tutti i falsi moralismi che, ahimè, sono parecchio presenti sia nella Chiesa sia nello Stato. Una netta presa di posizione in tal senso sarebbe di grande aiuto per accelerare i tempi che porterebbero alla liberazione di una moltitudine di vere e proprie “schiave del sesso”. Vorrei ascoltare  un’omelia che ricordasse a tutti noi che bastano quattro fondamentali insegnamenti che ci ha lasciato Cristo Gesù per indicarci la giusta via da seguire per diventare tutti degni figli di Dio: “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”, “amatevi l’un l’altro come io vi ho amato”, “non guardare la pagliuzza nell’occhio del tuo vicino ma guarda la trave che tu hai negli occhi”, “chi è senza peccato scagli la prima pietra”! Vorrei ascoltare un’omelia che sgombrasse la mia mente da tutti i pensieri terreni facendomi sentire un tutt’uno con quel Dio di cui l’universo intero è permeato; un’omelia che dovrebbe far crollare le barriere che mi separano da chi mi sta accanto e farmi vibrare all’unisono con lui; parole semplici, scaturite dal profondo dell’animo, che purificassero l’aria attorno vivificandola di atomi di quella Luce divina che tutto trasfigura e che inebria come nessun vino riesce a fare; un’omelia che dissetasse le mie labbra con pura acqua di Sorgente Viva, l’unica che può placare l’arsura di un cuore sempre alla ricerca di Dio. Vorrei un’omelia che, senza mai stancarsi, ribadisse con forza incisiva: Dio è con voi se voi aiutate colui che ha bisogno; un’omelia che facesse comprendere a tutti l’importanza dell’Amore, di quell’Amore che con la sua forza dirompente spazza via tutti gli egoismi e le meschinerie degli esseri umani, quell’Amore che spinse San Francesco ad abbracciare il lebbroso, che ispirò il santo medico Giuseppe Moscati a dire ai suoi pazienti: “chi può dia, chi non può prenda”,  che diede a Madre Teresa di Calcutta la forza di prendersi cura degli ultimi.  Vorrei, per finire, tanti più “don Pino Puglisi e meno don Abbondio” perché la Chiesa è di questo che ha bisogno per riconquistare quel terreno che negli anni è andata perdendo.

    Raffaele Pisani

    (LA SICILIA, 19 giugno 2013)

  • L’UOMO DELLE MERAVIGLIE E’ TRA NOI! (LA SICILIA, 11 luglio 2013)

       C’è un uomo tra noi che ci sta facendo vivere meraviglie che secondo me emozionano quasi come quelle che Cristo fece vivere ad altri popoli duemila e più anni fa. Un uomo che non veste mantelle di ermellino ma sotto l’apparente tunica bianca indossa il saio della povertà di San Francesco; che non riposa in un letto con baldacchino rivestito di oro zecchino e tendaggi pregiati ma è vicino ai derelitti; che non vive in sontuosi saloni affrescati ma sceglie una normale dimora; che non vuole amici altolocati ma cerca i suoi compagni tra gli immigrati, i miti, gli indifesi, gli “ultimi”. C’è un uomo tra noi che ricusa i sepolcri imbiancati e vive di verità; che scuote gli animi tramortiti dalla droga del denaro, dell’ipocrisia e dell’impudicizia e li riconduce sulla via di Damasco. C’è un uomo tra noi che penetra i cuori non con parole vuote e banali ma con raggi di luce così abbagliante da mutare una montagna di pietre in una sorgente d’amore. C’è un uomo tra noi che non cerca onori, magnificenze, privilegi, chiede soltanto che ogni essere umano “venga nel nome del Signore”, che “non faccia agli altri ciò che non vuole sia fatto a lui”, che “non guardi la pagliuzza nell’occhio del vicino ma guardi la trave che ha nei propri occhi”! Quell’Uomo è tra noi, e noi dobbiamo scegliere se sederci ai primi posti per poi essere tra gli ultimi o scegliere gli ultimi posti ed essere veri figli di Dio, se essere ricchi, potenti, presuntuosi, corrotti e corruttori per entrare nei “palazzi del potere” o se convertirci e diventare innocenti come i bambini e sperare nella misericordia divina. Quest’Uomo che è venuto “dalla fine del mondo” ci sta indicando la strada da scegliere, e non ci sono più né “se” né “ma”, né scuse né alibi. Il tempo della scelta è giunto! Chi vuole intendere, intenda!

    Raffaele Pisani

    (LA SICILIA, 11 luglio 2013)

  • MA DAVVERO GIUDA TRADI’ GESU’ ? (LA SICILIA, 31 marzo 2010)

    Ho seri dubbi sul “tradimento” di Giuda, e più leggo i Vangeli, più i dubbi aumentano. L’evangelista Matteo dice:-” Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la sfoderò e colpì un servo del sommo sacerdote, amputandogli l’orecchio. Allora dice a lui Gesù: rimetti la tua spada al suo posto, poichè tutti quelli che mettono mano alla spada, di spada periranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio che mandi subito in mia difesa più di dodici legioni di angeli? Come dunque si adempirebbero le Scritture, le quali dicono che così deve accadere?”- Poi, rivolto alla folla, disse:-” Siete venuti a prendermi con spade e bastoni come si fa per un brigante. Ogni giorno ero nel tempio a insegnare e non mi avete preso. Tutto ciò è accaduto affinché si adempissero le Scritture dei profeti.”-Quindi Giuda era predestinato a “tradire” Gesù affinché si adempissero le Scritture. Ebbene, io sono dalla parte di chi ritiene che Giuda sia stato costretto, per far sì che il disegno divino si compisse, a “tradire” il Cristo. E penso che le cose siano andate più o meno così: Gesù, sicuramente qualche giorno prima, appena ha l’occasione di trovarsi da solo con Giuda, gli dice:-”Ascoltami bene, affinché le Scritture si adempiano, uno dei miei discepoli dovrà assumersi il triste compito di consegnarmi alle guardie dei sommi sacerdoti. Giuda Iscariota, tu sai l’amore che io ho per te, io so l’amore che tu hai per me: in nome di questo amore io ti scelgo affinché tu faccia ciò che è necessario fare.”- -”Signore – gli controbatte Giuda – ma ti fossi ammattito? Io che ti amo più della mia vita dovrei essere colui che ti tradisce? Ma te lo puoi scordare! Non lo farò mai, nè permetterò che alcuno lo faccia!”-Gesù guarda con infinita tenerezza il povero, sconcertato, piangente Giuda, lo abbraccia, gli asciuga le lacrime che sgorgano copiose, lo accarezza, lo bacia… poi gli ribadisce:-” Giuda, è necessario, è indispensabile che tu faccia ciò che ti chiedo… amico mio… fratello mio… io te lo ordino… io ti dico che tu sarai sempre vicino a me e sarai sempre il mio discepolo-eroe. Io mi addosso i mali del mondo, tu ti fai carico di questo “tradimento” che tradimento non è. Io lo voglio, è il disegno del Padre mio che lo vuole. Te lo chiedo in nome dell’amore che ci unisce. Va’ dai sommi sacerdoti e di’ loro: quanto mi date se io ve lo consegno? Essi stabiliranno trenta monete d’argento…  Giuda, fa che si adempiano le Scritture. Il tempo è giunto!”-E’ il giovedì sera. E’ l’ultima cena di Gesù con gli Apostoli. Giuda gli è seduto accanto. Con lo sguardo, con qualche parola pronunciata sottovoce, scongiura il Maestro affinchè non lo sottoponga ad una tale prova, lo supplica… Ma Gesù è irremovibile, e spinge Giuda ad alzarsi dalla tavola e a fare ciò che bisogna fare. Giuda, confuso, tremante, quasi ipnotizzato dallo sguardo e dalle aprole del Cristo, va e fa ciò che gli ha ordinato Gesù. E, di notte, avviene ciò che sappiamo. E poi avviene anche il suicidio di Giuda, ma non perché colpevole di tradimento, bensì perché non resiste al dolore di non aver saputo opporsi e dire no a ciò che Gesù gli aveva chiesto, gli aveva ordinato. Pertanto, sempre secondo me, Giuda non ha tradito, prima perchè la crociffissione di Cristo era stata già stabilita da suo Padre (!) – e già questo non mi suona granchè – per me è impensabile che il Signore Iddio abbia potuto dire a Gesù: vai sulla terra e fatti crocifiggere da una umanità che peggiora sempre di più giorno dopo giorno… Poi, essendo Gesù il personaggio più conosciuto del momento, mi sembra oltremodo strano che i soldati, per catturarlo, avessero bisogno che qualcuno glielo indicasse con un bacio. Da semplice ed umile uomo della strada lascio “l’ardua sentenza” ai teologi e agli uomini di cultura! Io, personalmente, penso – e ne sono più che certo – che Giuda è in Paradiso, accanto a Gesù.

    Raffaele Pisani

    (LA SICILIA, 31 marzo 2010)

  • MA QUALE SINDACO LEGHISTA, PER NAPOLI OCCORRE UN SINDACO ROBOT (ROMA, 19 agosto 2010)

    Ho letto che vorrebbero candidare a sindaco di Napoli un leghista. Non c’è nessun sindaco, di qualsiasi corrente politica e di qualsiasi parte del mondo esso sia che, da solo, possa sanare i mali di Napoli. I tanti problemi che affliggono la nostra città si risolveranno solo quando tutti noi napoletani, nessuno escluso, di qualsiasi colore politico, professione, cultura e posizione economica, decideremo di usare “il nostro potere” per il bene comune e non per proprio tornaconto. Volevo iniziare questa lettera proponendo un sindaco “poeta”. Napoli, prima di ogni cosa, ha bisogno di amore, di vero amore, e poiché nessun essere umano sa amare come ama chi è poeta, potrebbe essere davvero utile affidare le sorti della nostra splendida terra a un vate. Salvatore Di Giacomo, centoventiquattro anni fa (come vedete nulla è mutato), scriveva:-”La mia fissazione è questa, che Napoli è una città disgraziata, in mano di gente senza ingegno e senza cuore e senza iniziativa. Tutto procede irregolarmente, abbandonato ai peggiori.”-Rileggendo ciò, ho riflettuto meglio: altro che sindaco “poeta”, qua ci vuole un sindaco “robot” e una giunta di consiglieri ed assessori “robot”. Però, attenzione, devono essere costruiti da tecnici giapponesi, tedeschi e francesi. Giapponesi, per i duri sacrifici che sanno sopportare per risalire la china; tedeschi, per la serietà con cui affrontano e mantengono gli impegni; francesi, per l’amore e il rispetto che hanno per ogni pietra della loro terra. Qualche mese addietro, un giornalista del New York Times scriveva:- “Tutto il mondo ama Napoli, ma nessun napoletano ama veramente la sua città!” Io aggiungo: per i mali di Napoli si mettono solo “pezze a culore” senza mai riuscire a risolvere i problemi alla radice, e i pochi che operano onestamente vedono vanificato ogni loro impegno. E poi c’è un dilagare di scostumatezza e sguaiataggine che ha rotto quasi tutti gli argini del vivere civile.         Una buona volta per tutte, se c’è davvero il desiderio di rinascere, “vestiamoci di serietà” e diamo spessore al nostro operato. Pertanto credo che davvero l’ideale sarebbe un sindaco “robot”: senza cuore, senza anima, senza sentimenti. Freddo, estraneo, duro, inflessibile, inumano, ma sicuramente costruttivo, efficiente e, per forza maggiore, lui e tutta la sua giunta, onesti, incorruttibili e tecnicamente perfetti e ligi ai propri doveri. E chissà che un sindaco e una giunta di robot non riuscirebbero a risvegliare in tutti quanti noi napoletani “umani”, la voglia di sentirci persone perbene, di riappropriarci della dignità perduta e della consapevolezza e l’orgoglio di essere figli di una delle più belle città del mondo, una volta “capitale di arte, bellezza e cultura” ed ora ridotta a “terra ‘e munnezza”! Chissà che un sindaco robot non riuscirebbe finalmente a trasformare un milione e passa di cittadini – e primi fra tutti i politici e gli amministratori, che in buona parte, e per così lungo tempo, hanno dimostrato di essere nient’altro che “lampadine fulminate”- in “stelle splendenti e coscienze illuminate”!

    Raffaele Pisani

    (ROMA, 19 agosto 2010 )

  • MALFATTORI E POETI : NECESSARIA UNA PAR CONDICIO (LA SICILIA, 8 maggio 2010)

    Chi compie azioni illecite, immorali e misfatti perseguibili a termini di legge è un malfattore. Chi è dotato di profondi sentimenti, chi ha un cuore gentile, chi ama le cose belle e vive tentando di far bello anche ciò che non lo è, ed è educato, onesto e tollerante, è un poeta. Ebbene, dai notiziari delle radio ai telegiornali, non si sente e non si vede altro che arresti, denuncie, corruzione, ruberie, delitti e quanto di peggiore può produrre un malvivente. Insomma, a chi delinque, è dedicata la maggior parte della durata delle trasmissioni.  Pertanto, proprio per una elementare e giusta applicazione delle sagge normative della  par condicio, le varie radio e televisioni dovrebbero dare un po’ di spazio anche ai poeti. Una poesia, un pensiero d’amore, un argomento gentile, sicuramente darebbero qualcosa di tenero e di piacevole ai tanti che, quotidianamente, da “poeti”, affrontano la dura giornata operando con onestà, coscienza, dedizione e, soprattutto, senza fare del male ad alcuno.

    Raffaele Pisani

    (LA SICILIA, 8 maggio 2010)

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  • NAPOLI NON DECOLLA SENZA I NAPOLETANI

    A tutti coloro che si chiedono come mai nessun sindaco riesca a far “volare” Napoli come meriterebbe rispondo citando un breve periodo della “costituzione ante litteram” del 1309, scritta da un gruppo di saggi della città di Siena: “ Il dovere di chi governa è di curare massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini”. C‘è da aggiungere soltanto una considerazione: per fare il salto di qualità, oltre al sindaco illuminato, occorre anche un appassionato lavoro di squadra, e per squadra intendo non solo gli amministratori, bensì l’intera cittadinanza. Se non c’è la collaborazione di tutti, e a me sembra non ci sia, ogni cosa diventa ancora più difficile, quasi irrealizzabile. Probabilmente ci sono forze malefiche talmente radicate nel territorio che nessun amministratore, pur se dotato di tutta la buona volontà, sia capace di sconfiggere. Sono forze decisamente contrarie a far sì che la “grande bellezza” inondi questa splendida terra. Solo col costante impegno dell’intera cittadinanza, nessuno escluso, Napoli potrà tornare “capitale di arte, cultura e bellezza” e diventare quella metropoli europea che tutti noi, che la amiamo con i fatti e non con vuote parole, sogniamo!

    Raffaele Pisani

    "Pisani è un grande poeta napoletano, trasferitosi in Sicilia per amore. Ha ragione. "La forza del branco è il lupo, e la forza del lupo è il branco" scrisse Kipling, che di giungle s'intendeva. C'è un piccolo esempio in corso, quello di don Rafé Benitez, napoletano onorario: senza togliere smalto ai singoli campioni, tenta di far capire che contano soprattutto il senso del collettivo e la bellezza del gioco. Eppure non manca chi lo critica."

    Pietro Gargano

    (IL MATTINO, 13 giugno 2014)

  • Nature

    Donec ullamcorper nulla non metus auctor fringilla. Maecenas sed diam eget risus varius blandit sit amet non magna.

  • Nnanz´´o ffuoco

    NNANZ”O FFUOCO

    Nnanz”o ffuoco. Mo, parlanno,
    mo mute,
    mo mano int”a mano,
    mo luntano
    ma sempe
    scarfate ‘a stu ffuoco ch’appena
    tu vide s’allenta
    gravone nuovo subbeto ce miette,
    e io so’ cuntento.

    Nnanz”o ffuoco. Mo, redenno
    e mo serie,
    mo carezze, mo niente
    ma sempe
    scarfate ‘a stu ffuoco ch’appena
    io veco s’allenta
    gravone nuovo subbeto ce metto,
    e tu si’ cuntenta.

  • NON “UCCIDIAMO” IL LUPO (IoDONNA-Corriere Della Sera, 12 marzo 2011)

    E’ un errore, una grande cattiveria, rispondere “crepi” a chi ci fa un augurio dicendo:” in bocca al lupo!” Tale modo di dire nasce dall’abitudine che ha questo benedetto animale – genitore previdente e amorevole – di mettersi in bocca i propri cuccioletti, quando la famigliuola ha necessità di spostarsi da una tana all’altra, per difenderli dagli attacchi dei rapaci. La sapiente natura ha formato la bocca del lupo con un incavo particolare che, appunto, permette ai cuccioli di respirare bene e di stare in una comoda posizione che non  provoca loro alcun danno durante il trasporto, e che gli salva la vita. Pertanto, dal prossimo augurio che riceveremo, rispondiamo: “viva il lupo” ! Crepi, invece, tanta codesta stupida superstizione!

    Raffaele Pisani

    (IoDONNA-Corriere Della Sera, 12 marzo 2011)

  • Note Critiche
    1. Conobbi Raffaele Pisani il giorno che lessi di lui il vibrante, commosso saluto rivolto alla memoria di E.A. Mario. Si tratta di un vero poeta. La sua rettitudine si sposa egregiamente con la sua ispirazione. Sull’una e sull’altra, brilla un lume di dolce malinconia, però serenamente consolata, come la bruma del mattino che vela, senza pur offuscarla, la luce del suo golfo. Ne deriva lo splendore incerto, e pure così attraente di versi come quelli del Tramonto, di Notte ‘e settembre, di Vint’anne. Ma in Palomma il canto torna libero, lieve e felice qual è il volo della farfalla descritta. (Marco Ramperti, Prefazione a Vint’anne, 1961).
    2. Il linguaggio poetico di Pisani è quanto di più suadente, lieve e musicale ci porga la tradizione. Meraviglia la maturità dialettica del giovane, e meraviglia l’equilibrio espressivo suo. (Paolo Perrone, «La Voce di Napoli», 8 febbraio 1965).
    3. Poesie di limpida ispirazione, sempre interessanti. Una voce nuova che fa tanto bene ascoltare tra lo schiamazzo di troppi versificatori. (Ettore De Mura, «Ribalta Artistica», 1966).
    4. Ciò che di nuovo, di veramente nuovo, ci sembra di cogliere nelle poesie di Raffaele Pisani è la sorprendente capacità dell’autore di tradurre in versi, in lirica, in poesia sentimenti e stati d’animo profondamente vivi, attuali, «moderni» nel senso più vero della parola, universali in quanto riscatto della privata vicenda del compositore nella più generale condizione dell’uomo di oggi nel mondo di oggi. (Andrea Geremicca, «La voce di Napoli», 20 maggio 1967).
    5. La particolarità di Raffaele Pisani è che riesce sempre a dire ciò che gli canta nel cuore senza tuttavia andare in prestito da nessuno per idee, sentimenti e modo di esprimersi. La sua vena è genuina, il suo stile è facile ma mai banale, il verso musicalissimo, i metri spesse volte quasi preziosi. Poesia vera, dunque, la sua e sorretta sempre da una esemplare sincerità d’ispirazione oltre che da una esuberante ma sorvegliata sensibilità espressiva. Con i tempi che corrono sono, queste, qualità non da poco e su di esse si può fare pieno affidamento. (Giovanni Sarno, «Un secolo d’oro», Ed. Bideri, 1968).
    6. È una voce possente contro l’indifferenza del mondo il lavoro di Pisani attraverso poesia scorrevole e semplice eppure rigoristica. (Guido della Martora, «Roma Sera», 2 maggio 1973).
    7. L’interpretazione in poesia napoletana dei «Promessi Sposi» è ricca di pregi, e la prova da lui affrontata è superata brillantemente, sia per la fluidità del verso, che con costante naturalezza (quella naturalezza di così difficile realizzazione) esprime con nitida essenzialità gli stati d’animo e le reazioni psicologiche dei personaggi delle diverse categorie sociali, di cui è folto il romanzo, di fronte alle più diverse situazioni; sia per il palpito di schietta umanità che tutta la pervade; sia per il tono di liricità, che nei momenti culminanti arricchisce il racconto. (Sebastiano Di Massa, Prefazione a I Promessi Sposi in poesia napoletana, 1974).
    8. Pisani è tra i pochi a coltivare ancora la poesia dialettale napoletana; e vi si applica con amore umile e appassionato e con risultati spesso felici. Le intenzioni del giovane poeta riescono quasi sempre a venir fuori, con una loro accattivante e disarmante freschezza. (Michele Prisco, «Il Mattino», 15 gennaio 1975).
    9. Amore e poesia fanno tutt’uno; il bel sole del golfo e la chiara luna di Posillipo hanno la loro parte, ma la loro parte l’hanno, soprattutto, la freschezza e la perfetta arte del verso. Raro poeta, il Pisani, in questi nostri giorni che hanno dimenticato i temi popolari ed esigono forme di poesia cerebrale, per trascinarla nei contrasti civili, cruda e aspra e povera di armonia e di canto. (Carlo Ravasio, «La Notte», Milano, 5 maggio 1976).
    10. Raffaele Pisani è un poeta che spesso merita l’aggettivo «delicato »: però ha il merito di sapere che Napoli è un giardino dove tra i molti fiori si nascondono spine. E lui, fra fiori e spine, non ha paura di pungersi. (Giuseppe Di Bianco, «Roma», 2 febbraio 1977).
    11. Raffaele Pisani, valido combattente per la rinascita della poesia napoletana. (Settimia Cicinnati, «Roma», 24 marzo 1978).
    12. Con Raffaele Pisani la poesia napoletana smette marsine logore, abbandona gli antri bui e piagnucolosi di Boheme in piazza, si fa istrione, sale sugli autobus della metropoli, si avvinghia ai muri di cemento macchiati dai segni di cuori solitari, di repressi politici e repressi comuni. Chi ha il coraggio di scrivere: «Dio aveva criato Napule tale e quale a ‘o Paraviso: l’avimmo nchiavecata e ognuno ‘e nuie ce ha miso ‘o ssuio»? Chi ha l’ardire di scrivere e per giunta su un muro di cemento: «Nun aspettammo ca ce scenne sempe tutto ‘a cielo… Mparammoce ca malasciorta e bonasciorta c’ ‘e ffacimmo cu ‘e mmane noste». E lui, Raffaele Pisani, che a dieci anni leggeva Viviani, a 15 conobbe E.A. Mario, a 19 pubblicò il suo primo libro, a 40 predilige i muri per dipingere poesia. (Luciano Giannini, «Paese Sera», 10 ottobre 1980).
    13. Raffaele Pisani, napoletano e poeta, e per questo doppiamente genuino. (Mattias Mainiero, «Il Giornale d’Italia», 16 luglio 1981).
    14. Raffaele Pisani, poeta di Napoli che da più di vent’anni si dedica con accanita passione alla «riabilitazione letteraria» del dialetto partenopeo. (Pietro Treccagnoli, «Il Mattino», 30 luglio 1983).
    15. Raffaele Pisani tra i più fervidi e fecondi poeti della nuova generazione, d’ispirazione schietta… sempre spontaneo e appassionato. (Giovanni Artieri, «Napoli scontraffatta», A. Mondadori, 1984).
    16. “…Raffaele Pisani, proprio vivendo e soffrendo l’amaro quotidiano di Napoli, si fa ad ipotizzare per lei un qualcosa di straordinario (la assegnazione di un Nobel quale Città “ch’è nu vero paraviso,/ ca pe’ gente e pe’ strutture/ nun se vede a nisciun ato/ d”e paise, tutte quante,/ ca ce stanno p”o criato…”), di impensabile, al limite dell’irreale. Ed in questa cadenza non può non abbordare la via del fantastico, il cammino dell’improbabile, la strada dell’immaginario, mentalmente però desiderando e finalisticamente addirittura presagendo (” Chi sa… nu iuorno… ‘a tengo na speranza…” ) che il traguardo ideale di questo itinerario non debba consistere in una platonica utopia, quanto piuttosto in una non irraggiungibile realtà. E’ evidente che l’Autore muove da premesse allo stato inconcepibili – si potrebbe, oggi, configurare una Napoli civilmente ordinata, occupazionalmente serena, ecologicamente disinquinata? – per giungere alla conclusione che una siffatta meta può non essere teorica, che la stessa – in una dimensione, sì, idealistica, ma non impossibile – può venir conseguita, può rendersi concreta nella misura in cui si rendessero generalizzati ed operanti due, solo due elementi di straordinaria efficacia potenziale: ” nu poco ‘e serietà e bonacrianza”… “serietà” intesa come impegno di ciascuno, come fattivo apporto di ogni “civis” alla “polis”, come sforzo individuale mirato al benessere collettivo; “bonacrianza” (quanta genuina napoletanità in questa stupenda parola graficamente accorpata!) nel senso di norma del buon convivere, di civismo, di urbanità (proprio da “urbs”…). E non appaia semplicistica o riduttiva una simile “ricetta”: anche i risultati più grandi prendono le mosse dal “poco” (“Parva favilla…”) se quel “poco” è valido, se per quel “poco” si lavora, se in quel “poco” si crede. Raffaele Pisani mostra di credere molto in quel “poco”: di questa fideistica istanza, frutto di amore meditato e convinto, di passionalità pensosa e dativa, di attaccamento profondo ed antico, vibra e conclama tutta la sua Opera che in ogni espressione sa percepire e comunicare, manifestare ed espandersi, muovendosi a pieno agio anche nelle fluide ed armoniose quartine di “Napoli Nobel…issima”. (Renato de Falco, prefazione a “NAPOLI NOBEL…ISSIMA”, Ed. Del Delfino, Napoli, 1984)
    17. Coscienza critica, adulta sensibilità, questo testimoniano i versi di Pisani. (Pasquale Maffeo, «Il Campano», 15 marzo 1986).
    18. Il Pisani è la migliore dimostrazione che si può fare poesia, e vera poesia, su Napoli. (Vincenzo Fuso, «Ribalta», 1986).
    19. Pisani, un poeta napoletano contemporaneo che da anni si stacca dalla pletora degli improvvisatori per serietà di studi. (Gianni Infusino, «Il Mattino», 19 gennaio 1988).
    20. Pisani si muove su una linea di estrema sincerità espressiva, in una tessitura linguistica raggiungibile e fruibile da ogni lettore. (Aldo Onorati, «il Domani», 30 maggio 1989).
    21. Il poeta visivo Pisani si esalta nella immediatezza dei sentimenti semplici e mostra, in più casi, di essere riuscito a conseguire una felice osmosi tra parola scritta ed elaborazione grafica. (Gino Grassi, «Giornale di Napoli», 9 dicembre 1989).
    22. I sentimenti di Pisani sono scoperti, finanche spudorati, senza ritegno. E pudore e ritegno sono stati da sempre le sue caratteristiche che pure non gli hanno impedito di lanciare invettive (ricordiamone una per tutte: «Vestimmoce ‘e serietà»). (Mario Forgione, «Napoli Oggi», 30 maggio 1991).
    23. L’ispirazione e i germi dei buoni sentimenti, di cui ogni lirica di Raffaele Pisani è pregnante, contagiano anche chi è distratto o chi non ha una frequentazione assidua con la poesia. (Nello Pappalardo, «Giornale di Sicilia», 21 dicembre 1991).
    24. “Raffaele Pisani ha scelto il napoletano moderno come il mezzo ottimale per esprimere i suoi pensieri più profondi e le sue ansie ossessionanti che riguardano il presente, il mondo che lo circonda. In questo, la sua scelta è simile a quella di molti poeti dialettali sconosciuti alla corrente principale tradizionale elitaria della critica letteraria italiana, poeti che nel loro dialetto esprimono amori e timori scaturiti dall’esperienza moderna e postmoderna (e che sono spesso ingiustamente bollati di versificazione “in vernacolo con esiti di sconfortante provincialismo” (Brevini). Quello che distingue Raffaele Pisani dagli altri è il suo impegno civile profondissimo verso la sua Napoli. Con questo, non si vuol dire che la sua poesia non tocca altri temi; per esempio, il volume che racchiude le “preghiere” (Llà, cu ‘a speranza) è intensamente spirituale e illustra il suo interesse per le questioni di fede; un altro volume intitolato ” FRANCE’ ” rispecchia il suo lato sentimentale dolce ma non mielato perchè onestamente personale. L’impegno civile, dunque: queste due parole non sono termini vaghi triti né astratti per il poeta che scrive poesie napoletane per le scuole elementari e medie e soprattutto per il poeta che tracciò sui muri di una via di Napoli gli endecasillabi arrabbiati con cui si ribellava al menefreghismo di alcuni, alla prepotenza di altri, e alla colpa di tutti perché ” Dio aveva criato Napule tale e quale a ‘o Paraviso: l’avimmo nchiavecata! E ognuno ‘e nuie ce ha miso ‘o ssuio!”. Il suggerimento viene offerto in forma di dieci comandamenti per salvare Napoli – comandamenti che non hanno niente di religioso, anzi, propongono che i napoletani si rimbocchino le maniche e non aspettino l’aiuto divino: “Vestimmoce ‘e serietà!”. ” ‘Na messa pe’ Napule” unisce i due temi cari a Raffaele Pisani, quello della fede e quello dell’impegno civile, in un dialogo ritmico, scandito da un lato da toni di profondo sentimento spirituale e dall’altro da toni di disperazione per lo stato presente della sua città. Costante è dunque la tensione tra la spinta religiosa espressa dai due interlocutori – ‘e fedele e ‘o monaco – e lo stato rovinoso di Napoli. Ma alla religiosità e alla spiritualità non si chiedono miracoli; in realtà, il monaco è perfettamente conscio che i fedeli potrebbero fare finta di pregare. Non a caso il grido di incitamento per cambiare lo status quo è identico a quello del decimo comandamento per salvare Napoli: ” Vestiteve ‘e serietà!”. Questo lavoro è, nella sua delicatezza, molto potente e rivela ancora una volta e con più rabbia il bisogno del poeta di smuovere la gente e di aiutare i napoletani (ma forse non solo i napoletani) a costruirsi una vita più umana, più decente, senza inganni, senza prepotenze, senza fessi e fesserie. Raffaele Pisani non indugia su moralismi, incita all’azione. E questo è il dono più originale della sua poesia. (Jana Vizmuller-Zocco, dalla prefazione a ” ‘Na messa pe’ Napule”, Ed. C.U.E.C.M., Catania, 1992)
    25. Pisani è un poeta verace, serio, coerente e comunicativo al massimo. (Ines Lupone, Incontro culturale, settembre 1992).
    26. Pisani, pioniere e maestro del «Graffiti metropolitani», vincitore di premi nazionali per intensità e qualità della produzione, servendosi del dialetto napoletano (in realtà acquisito a linguaggio universale) come mezzo anche di comunicazione immediata, ha proseguito in quell’attività nella quale crede come in una missione, così come da sempre fa professione d’amore e di speranza per una Napoli che egli mai dimentica. (Enzo Perez, «Il Mattino », 31 ottobre 1992).
    27. Pisani si è sempre distinto per il suo convinto impegno in favore di Napoli e della sua cultura. Per stimolare i suoi concittadini, li ha punzecchiati, persino offesi: «Non dovete essere lampadine fulminate», «Vestitevi di serietà!». (Vincenzo Fasciglione, «Ribalta », ottobre 1992).
    28. Pisani si distingue per schiettezza di ispirazione e per impegno civile cogliendo riconoscimenti critici di rilievo ed entrando anche nelle antologie scolastiche. Il suo canto corrisponde perfettamente a quell’ansia di rinnovamento e di ricostruzione che oggi viviamo. Il poeta torna ad essere quello che era una volta l’interprete della coscienza del popolo, lo sprona per fare prevalere i valori positivi, per «riaccendere» quelle «lampadine» che ancora spesso sono spente. (Sergio Sciacca, «Espresso sera», 8 maggio 1993).
    29. Raffaele Pisani è oggi una delle voci più limpide della tradizione dialettale napoletana. (Salvatore Di Marco, «Giornale di Poesia Siciliana», maggio 1993).
    30. Pisani rappresenta l’autentica e schietta voce di Napoli, e con i suoi versi semplici ed efficaci spinge quella città a ribellarsi contro l’ingiustizia ed il degrado morale. (Maurizio Giordano, «Giornale di Sicilia», 17 luglio 1993).
    31. La poesia di Pisani, con solennità, parla alle «lampadine fulminate », agli uomini della sua terra che egli avrebbe voluto più fattivi, più coscienti, costruttivi, fuoco vivo, acqua sorgiva, stelle lucenti d’esempio di vita. Il dolore dell’uomo di fronte al proliferare delle lampadine fulminate si stempera nella natura che ancora fa bella Napoli. Il poeta parla di sé, parla d’amore, poi, torna severo, accusa, mette a nudo piaghe antiche e recenti per gridare forte: «Frate mieie napulitane, / v’avarria vuluto stelle, / comme ‘e stelle ‘e cchiù allummate, / tutte luce d’oro e no / lampadine fulminate! Ecco il monito della poesia di Pisani: si vesta di serietà la città che si è fatta punto di riferimento del degrado. (Angelo Calabrese, «il Domani», Napoli, 5 luglio 1994).
    32. Una vita dedicata alla poesia dialettale, erede del bagaglio culturale e della tradizione vernacolare napoletana di E.A. Mario, ed ecco presentato Raffaele Pisani, con una sintesi estrema imposta dallo spazio ma non da ciò che realmente si potrebbe dire di questo napoletano illustre, in modo semplice e schivo, che ai versi ha davvero dedicato la vita. Con amore, perché la poesia è amore, malinconia perché la poesia è malinconia e una fervidissima immaginazione, perché la poesia è anche questo. Fantasia che viene in soccorso della Realtà a spiegare i sentimenti attraverso le immagini lì dove anche la parola ha bisogno di un supporto visivo per dare maggiore vigore al suo significato. Pisani non è nuovo a questo gioco avendo già dato vita nel 1989 a «Poesigrafie», in cui segno grafico e verso venivano uniti in un tutt’uno perfetto e armonioso dove poesia e immagine che la raffigura e richiama si riflettono l’una nell’altra dandosi sempre maggiore vigore per elevarsi nel loro più alto significato. Avviene così anche per «Stelletelle», la più recente raccolta di versi di Pisani, circa 130 poesie, delle quali ventitré entrano a far parte di questa singolare esposizione grafica. (Costanza Falanga, dalla presentazione di «Ritagli da STELLETELLE», Galleria d’arte «Il Diagramma 32», Napoli, 29 ottobre 1994).
    33. Ebbene, lo confesso, mi è piaciuta davvero questa poesia (‘O sole) di Raffaele Pisani. Tutto concorre a farla bella: gli elementi cromatici forti, vividi, che l’autore getta sulla carta a pennellate energiche e precise. Il poeta ricrea la vita, come il suo adorabile «guagliunciello» sul quaderno di scuola. Grazie Raffaele. Anche se spesso, per il mondo editoriale, dialettale vuol di- re marginale, la tua poesia non lo è. (Ippolita Avalli, «Pratica», novembre 1994).
    34. Pisani si fa voce e interprete del popolo napoletano condannando lo stato dei fatti e delle cose in cui versa la città; egli implora il suo prossimo (dello stesso retaggio di sangue) perché insorga ideologicamente contro le ingiustizie messe in atto da persone senza scrupoli e perciò chiede, anzi rivendica un riscatto perché Napoli si ritrovi ancora in una condizione il cui privilegio le spetta per diritto e per censo. (Enzo Manzoni, «II Giornale di Napoli», 19 gennaio 1997).
    35. Raffaele Pisani è una voce importante della poesia napoletana contemporanea. (Salvatore Palomba, Napoli, parole e poesie, Napoli, Liguori, 1998).
    36. Pisani scrive poesie capaci di generare nel lettore grandi emozioni e intense vibrazioni armoniche. I suoi versi si tingono di una napoletanità dalle tinte forti, dalla sinfonia dolce che chiunque, napoletano e non, può sentire facendosi trasportare da note sincere e ispirate. (Daria Raiti, «La Sicilia», 23 maggio 2000).
    37. Nell’arco di un quarantennio la selezione dei temi ha reso originale e inconfondibile la poesia di Raffaele Pisani nel panorama della recente poesia dialettale. Tre sono i nuclei tematici prevalenti: la ricerca religiosa, l’impegno sociale e civile, l’amore. Queste diverse direzioni tematiche sono tenute insieme da una intrinseca qualità delle poesie di Pisani o, per meglio, da una disposizione mentale e caratteriale del poeta, che si configura in effetti come una precisa scelta di poetica. Pisani infatti non è un poeta concentrato su se stesso, non limita a se stesso il proprio orizzonte d’osservazione, ma è sempre proiettato verso l’altro. Nelle poesie d’amore al centro dell’attenzione non è il proprio sentimento, ma è la donna con la quale l’amore si realizza. Lo si vede molto bene nelle poesie che fanno da sottofondo a un saldo e delicato sentimento che lega l’autore a Francesca. […] La propensione verso l’esterno, verso gli altri, della poesia di Pisani è ancora più evidente nei tanti versi dedicati a Napoli, città amata – questa volta con sofferenza – e continuamente presente nelle diverse raccolte. Come l’amore, anche Napoli è un argomento che ritorna spesso nella poesia in dialetto, ma anche in questo caso l’angolazione scelta da Pisani si allontana dalla prospettiva più prevedibile. […] Se la visione dei problemi non conduce mai il poeta al cupo pessimismo o alla desolazione è anche perché i versi di Pisani sono animati e sorretti da una Fede profonda che impedisce all’autore di perdere fiducia nell’uomo. Anche in questo senso la sua poesia è aperta all’esterno: le intense e delicate preghiere di Llà, cu ‘a speranza (1988) nascono da un dialogo con il Signore che raggiunge momenti di una freschezza quasi francescana. […] In particolare per questo suo impegno cristiano la poesia di Pisani acquista una sua collocazione originale nella poesia italiana contemporanea; ma, d’altra parte, nel suo insieme essa merita di essere letta con attenzione e considerata non solo in rapporto alla poesia napoletana, ma nel quadro ricco e movimentato di tutta la poesia in dialetto dell’ultimo cinquantennio. (Nicola De Blasi, dalla Prefazione a Pisani, un poeta per compagno di Francesca Musumeci, C.U.E.C.M., Catania, 2005).
    38. Raffaele Pisani è un napoletano doc, un gentiluomo autentico, di quelli che Napoli non sforna più. Dalla figura fine, signorile, elegante. Dalla parlata accattivante. Pisani pensa e scrive in dialetto. Più che un poeta di salotto, Pisani è un poeta di strada, poeta dell’amore… ma la sua poesia si fa ardita, cambia registro, quando in opposizione alle moderne correnti e alla noia del quotidiano, confeziona versi fulminanti per una Napoli che non piace, che non va. (Umberto Franezse, «Albatros», Napoli, maggio 2006).
    39. La produzione poetica di Raffaele Pisani è di una vastità sorprendente: oltre ai volumi di versi propri egli ha arricchito di esperienze singolari la letteratura di Napoli. Geniale, infatti, fu la sua idea di realizzare sulle pareti della collina di Posillipo Un muro di poesie. Questa ci pare un’iniziativa che andrebbe sostenuta e sviluppata. […] La tecnica del verso di Pisani respira i tempi nuovi e segue nel canto fatto di perizia ed intelligenza una vena genuina e personale vibrante di musica e di armonie. (Ettore Capuano, «Letteratura a Napoli», Graus/editore, 2007).
    40. “Lota”: è questo il “leitmotiv” che caratterizza le “poesie per Napoli” di Raffaele Pisani, raccolte nel volume “METTITEVE SCUORNO” (CUECM, 2009). Quella “lota”, con cui Dio creò l’uomo, il quale, per lo più, di essa continua a mostrare d’essere fatto (… E creò l’uomo); una “lota” che, vasta quanto un mare (Manifesto pe’ tutte ‘e figlie ‘e Napule), “nchiaveca” le mani di quegli “uommene ‘e niente”, i quali hanno reso Napoli ” ‘o regno d”a zuzzimma” (Mettiteve scuorno) e vi hanno “zeffunnato” l’onore (Fermammece); nella quale affonda una “prucessione ‘e gente rassignata” (Napule è) e che anni di battaglie e secoli di sofferenze non sono bastati a eliminare (E’ maie pussibbele?), per cui vi nasce e vi muore ogni domani (Vesuvio, a ll’alba), ma che un arcobaleno gigante potrà asciugare (Na pianta ancora). Un’imprecazione, dunque, quella che Raffaele, che le vicende della vita hanno spostato da Napoli a Catania, indirizza a Napoli e alla sua gente; ma già Sant’Alfonso Maria de’ Liguori ravvisava anche nell’imprecazione un atto d’amore e, del resto, anche Antonio Lubrano grida, nei suoi versi dedicati a Procida: “Puozze sculà, Curricedda”. Sembra, allora, di leggere quasi un omaggio alla memoria dell’altro poeta, Gennaro Esposito, soprattutto quando Raffaele rimprovera ai napoletani di pretendere che sia sempre San Gennaro a provvedere per loro (‘O miracolo ‘e San Gennaro); un significativo passo avanti, però, è costituito dalle proposte, ch’egli stesso formula: in qualche modo, infatti, egli auspica che a promuovere il riscatto della città possano essere proprio i poeti (Atto ‘e dulore) e, anzi, si fa anche carico d’offrire suggerimenti (‘E diece Cumandamente) – non ultimo, quello ” ‘e fravecà sustanza” (Vurria) – e di dare egli stesso l’esempio (Na pianta ancora). Napoli e Catania sono, dunque, i “luoghi dell’anima” di Raffaele; e, per quanto la forzata lontananza dalla prima abbia un prezzo (Costa), tuttavia, anche il cielo di Catania, città della gentile Francesca, porta, talvolta, un consolante ” schìzzeco ‘e luce / nu palpito ‘e voce / ‘e Napule mia” (Cielo ‘e Catania). Il volume è impreziosito da una lettera-prefazione del Procuratore generale della Repubblica di Napoli Vincenzo Galgano, e, in copertina, da una tempera del pittore Gianni Pisani, fratello dell’autore. Sergio ZAZZERA, “il Brigante” -quotidiano per il Sud- 17 luglio 2009
    41. Nel panorama della poesia dialettale napoletana Pisani ricopre un posto di primo piano e tutti dobbiamo essere grati al Poeta per quanto fa da oltre un cinquantennio per tenere vivo un dialetto che da molti, a giusto motivo, viene considerato una vera e propria lingua. (Nicola Squitieri, «Avanti», 30 luglio 2009).
    42. «Mettiteve scuorno», sfogo sacrosanto di un poeta ferito nell’animo dal degrado della sua terra dove affaristi e speculatori agiscono indisturbati nel più assoluto disprezzo delle leggi. Questa volta il poeta mette da parte la sua tradizionale vena idilliaca, il suo linguaggio aulico per tuonare con decisione contro i «nuovi barbari». (Santo Privitera, «La Sicilia», 3 agosto 2009).
    43. «Mettiteve scuomo» è un grido di dolore che dà voce all’indignazione di tutti i napoletani, un’intensa invocazione di giustizia, una richiesta di aiuto a Dio, che non si ferma di fronte a tutto il marcio che ha fatto scempio di una terra meravigliosa. Un’intera vita, quella di Pisani, dedicata alla poesia di Napoli. (Alfredo Tommaselli, «Roma», 7 agosto 2009).
    44. Raffaele Pisani da anni con le sue poesie canta il suo amore per la città, portando avanti la sua resistenza contro le ingiustizie sociali. Mettiteve scuomo esprime la volontà di risvegliare le coscienze dall’indifferenza rispetto ai problemi che affliggono la città. Il Poeta lancia invettive e invita i napoletani ad assumersi le proprie responsabilità e a ribellarsi a tanto degrado. (Elda Oreto, «la Repubblica», 29 agosto 2009).
    45. Raffaele Pisani vive quotidianamente di pane e Napoli. Un poeta di cui si vengono riconoscendo nei nostri giorni qualità e aspetti finora non rilevati. Autore di esperimenti letterari di non piccolo impegno. Cantore musicale e tenero della bellezza di Napoli, ma anche pronto, con energici scatti di passione ed efficace espressione, a buttar via come zavorra tanti luoghi comuni su questa città, nella prospettiva di un suo riscatto. (Ugo Piscopo, «Corriere del Mezzogiorno», 1 novembre 2009).
    46. La poesia di Pisani ci invita ad una presa di coscienza per farci riflettere su ciò che abbiamo combinato e darci un appiglio cui aggrapparci per uscire dalla lota in cui ci siamo pericolosamente immersi. (Luigi Antonio Gambuti, «dodici pagine», Afragola, 5 dicembre 2009).
    47. Raffaele Pisani, una vita tutta dedicata alla poesia napoletana per un solo sogno: vedere Napoli riconquistare il ruolo di città di arte, cultura e bellezza, il ruolo di «capitale d’Europa» amata e rispettata in tutto il mondo. («Quotidiano di Sicilia», 17 dicembre 2009).
    48. Questo libretto di Pisani (Mettiteve scuorno) bisognerebbe farlo studiare a scuola, bisognerebbe recitarne qualche brano nelle assise nazionali dove si radunano gli egregi che si sentono eterni ma che – è una legge di natura – finiranno pure loro. (Sergio Sciacca, «La Sicilia», 15 agosto 2009).
    49. Napoli ha toccato davvero il fondo se un poeta dall’animo gentile e signorile, qual è Raffaele Pisani, esprime tutto il suo sdegno per come è stata ridotta la città che da “riggina d”e rriggine” è diventata ” ‘O regno d”a zuzzimma”. “Mettiteve scuorno” (Poesie per Napoli), CUECM, 2009 – è l’ultima sua raccolta di versi, preceduta da una significativa lettera di Vincenzo Galgano, Procuratore generale della Repubblica, impegnato in prima linea per il ripristino della legalità nella città partenopea, obiettivo difficile, ma da raggiungere a ogni costo. E, appunto, le parole di Galgano consentono di recepire da subito che, come, in verità, sogna il poeta, l’onestà, la sincerità, la lealtà, il senso civico, tutte verità che sembrano sparite per sempre, sono appena dietro l’angolo, perchè “se sognare è desiderare, prima o poi il desiderio piega le cose e si realizza”. Denuncia sociale, dunque, rabbia, ma anche una velata speranza di riscatto nella poesia di Pisani, come, appunto, nel cuore di qualsiasi idealista. Se, dunque, prenderemo coscienza che niente è perduto, impegnandoci a compiere bene il nostro dovere, allora sì che potremo realizzare una decisiva inversione di tendenza. Franco Di Peso, “Cilento”, mensile di politica, cultura, economia e ambiente, 4 gennaio 2010
    50. Metti una sera a cena tra poesia e buffet condominiale. Non è una boutade o una chimera, ma l’originale formula conviviale ideata e messa in pratica in queste serate estive da Raffaele Pisani, napoletano verace e amante della poesia, ormai catanese d’adozione. Pisani ha infatti deciso di sperimentare questa pratica di possibile armonia condominiale in un palazzotto di via Plebiscito, a ridosso di San Domenico, a Catania. Ha fatto circolare inviti ai condomini, a qualche parente e amico et voilà: ecco servita una sorprendente serata nel cortile condominiale a base di recital letterari e pietanze cucinate in casa da ciascuno dei convitati. E tra versi della Centona di Martoglio, poesie d’autore e sceneggiature teatrali fatte in casa e recitate dall’intera famiglia, in un groviglio di dialetti tra il siciliano, il pugliese e il napoletano, un intero condominio ha scoperto il piacere di trascorrere un momento di spensieratezza tra cultura e gastronomia (e anche qui c’è da fare le lodi ai presenti!). (Gianluca Reale, «Vivere – La Sicilia» 2 settembre 2010).
    51. Leggendo i versi di Pisani si scopre la musicalità del napoletano, la duttile freschezza riscontrata con Di Giacomo di cui si sente allievo, benché fra i temi si scoprano interpretazioni personali di altri versanti letterari e pure rifacimenti biblici con richiami alla religione, agli affetti familiari e all’amore che pongono il poeta napoletano fra i più apprezzati. (Pasquale Almirante, «La Sicilia», 18 dicembre 2010).
    52. Ci sono da operare due preliminari considerazioni per comprendere e giustificare il coraggio di quelli che come quest’abile cantore di Napoli, “fanno” poesia. La prima cosa da dire, è che la capacità di vincere le resistenze poste da un’idea malintesa di modernità (purtroppo tragicamente e nervosamente trionfante) è oramai una cosa rara, quindi solo l’amore vero e la passione sfrenata verso la poesia, possono affrontare il silenzio che spesso circonda le parole dei poeti e trarre nonostante ciò, la forza necessaria per continuare a percorrere la strada povera ed in salita della poesia nell’epoca attuale. La seconda cosa da dire, è che sembra impresa donchisciottesca, “fare”, in questo spazio ed in questo tempo, non solo poesia, ma poesia in dialetto. Poesia in dialetto, in un mondo che nell’inseguire la globalizzazione, sembra quasi voler perdere le differenze, che spesso sono le caratteristiche ontologiche del sentire di un popolo, soprattutto, quando si tratta di quelle linguistiche, per arrivare ad un lingua unica ed universale e senza dubbio più povera. (Fabrizio Grasso, «i Vespri», Catania, 31 dicembre 2010).
    53. “Francesca Musumeci in “Pisani, un poeta per compagno” – C.U.E.C.M. Catania – ci descrive il carattere, la vita e le opere di un uomo che, da napoletano, scrive in dialetto, mgnificando la bellezza e l’autenticità di una “lingua” dagli orizzonti incontaminati. Emozioni, speranze, lamenti. Rime di amore, tristezza; versi che smascherano i sotterfugi della società. Da ricordare l’interpretazione in poesia napoletana dei “Promessi Sposi” e dei nostri massimi poeti dal ’200 ad oggi: San Francesco, Pasolini, Federico II di Svevia, Quasimodo, Montale, De Amicis, Leopardi, D’Annunzio ecc. La Musumeci riporta fedelmente i pensieri dell’artista, ci coinvolge nelle atmosfere vissute accanto a “Raffaele”, incontrato per caso nell’81ad un convegno nazionale di poesia dialettale. Catania ha adottato Pisani grazie all’unione dei due e da sempre egli l’ha definita una “piccola Napoli”. Per Pisani poetare è uno stile di vita, raffinato ma semplice, con l’unica pretesa di conservare intatte le realtà positive di una città controversa come la nostra Partenope. Bellissime le scene di Pisani che negli anni ’80 – autorizzato dall’allora Sindaco, il Senatore Maurizio Valenzi – dipinge sui muri di via Stazio a Posillipo ” ‘E diece cumandamente pe’ salva’ Napule” ed altre sue poesie. Ed ancora negli anni ’90, sempre a Napoli, distribuisce per strada raccolte di poesie distensive agli automobilisti stressati dal traffico. Una vita tra tradizione e innovamento, assolutamente straordinaria”. (Alessandra Di Dio, “Roma”, 30 dicembre 2010)
    54. Questa città, si racconta nel componimento che apre “COMME NASCETTE NAPULE” (Ed. C.U.E.C.M. Catania, 2011), è stata creata per essere donata a Maria, indice di grandezza e ” nu paese accussì bello/ c’ha dda essere p”a gente/ un autentico giuiello!”, un pezzo di Paradiso scelto da Dio per essere portato sulla terra. Un frammento perfetto di un mondo immacolato portato qui, nel nostro mondo, una responsabilità data a chi ancora non riesce a conservare la bellezza di questa città; i napoletani vengono ritratti come “lampadine fulminate” di questo cielo blu perché rimangono immobili davanti ai cambiamenti di questa città eterna che piano piano sta cadendo. Pisani, inoltre, dedica a tutti gli innamorati e al suo amore uno spazio di poesie d’amore come “L’albero tuio” dove si concede un po’ di ombra e di riposo al proprio amante e scene di vita quotidiana insieme come in “Nnanz”o ffuoco”.
    55. Un poeta e uno scrittore sincero che attraverso l’accostamento di parole e versi si fa voce dei pensieri altrui; di un uomo che vuole spogliarsi del completo grigio da ufficio e tornare nella sua terra di colori, di sole e di amore. Evadere da un mondo triste, innamorarsi, avere fede e combattere, questi sono gli elementi che fanno della poesia di Pisani un’opera nuova, semplice, diretta. (Naomi Mangiapia, “ROMA”, 1 novembre 2011)
    56. Figura amabile da signore di altri tempi, Raffaele Pisani, nato nel 1940, è autore di una trentina di raccolte di poesie in dialetto napoletano. Pubblica adesso FRANCE’, con la C.U.E.C.M., Editrice Catanese di Magistero, storica e benemerita casa editrice nata dall’intelligenza di un altro gntiluomo, Nicola Torre, troppo precocemente scomparso. L’amore non soltanto giustifica la vita, ma la origina, la attraversa, la illumina, la redime, è questo il filo discorsivo sotteso al libro. Un amore che è comune a luoghi anche distanti, apparentemente diversissimi. “L’amore si fa insomma esperienza totale, attraverso cui viene filtrato ogni altro aspetto della realtà, e diviene condizione esistenziale che dispone a un amore più grande” annota Nicola De Blasi nella prefazione. Pisani è un poeta fondamentalmente lirico, che nei suoi versi raccoglie e traspone emozioni, colori dell’anima, che esprime un sentire complesso, ma tutto sommato positivo, della realtà e del nostro destino. (Renato Pennisi, “Osservatorio della poesia in dialetto”, Scordia, CT, 2011)
    57. “Raffaele Pisani è stato il primo ad inserire Gandhi, Madre Teresa di Calcutta e Anna Frank nella poesia dialettale. Cantore dell’amore e dell’impegno sociale è in libreria con due raccolte di versi, entrambe pubblicate dalla CUECM, “COMME NASCETTE NAPULE” e “FRANCE’, poesie d’ammore pe’ Francesca”, con la prefazione dello storico della lingua e studioso del napoletano Nicola De Blasi. “Comme nascette Napule” deve il titolo alla lirica d’apertura, che immagina un Dio impegnato a creare Napoli con l’aiuto di San Pietro per farne omaggio alla Madonna. Un regalo che nasce come un’opera d’arte e viene rovinato dai napoletani: “Che peccato ca po’ Dio/ dette tutto mmocch”e cane/ affidanno stu tesoro/ proprio a nnuie napulitane!” Il volumetto affianca alla poesia di denuncia altri temi cari all’autore, come l’amore per la moglie Francesca. Il mondo nascosto dei sentimenti, in questa raccolta solo accennato, diventa predominante invece in “FRANCE’ ” che Nicola De Blasi definisce “rivoluzionaria” in un’epoca caratterizzata dal consumismo affettivo. Anche qui una poesia limpida e chiara per raccontare – come in un diario scandito da luoghi, mesi e stagioni – un amore fatto di piccole cose, evocato nella sua quotidianità e in un rapporto che sa di antico, dove il sentimento per la donna amata diventa paradigma esistenziale”. (Ida Palisi, “Il Mattino”, 2 gennaio 2012)
    58. “Manzoni in napoletano per conferirgli il sapore della realtà”. Una parafrasi dei Promessi Sposi in lingua napoletana? E perché? La domanda è legittima. In quasi due secoli di esistenza il capolavoro manzoniano è stato tradotto e versificato diverse volte nella propria parla di quel ramo del lago di Como.
    59. Il Manzoni era legato a quella parlata. Quando divenne Grande i suoi amici si incontravano in una cameretta del suo palazzo e parlavano in milanese. Come raccontano i testimoni dell’epoca era appassionato non solo del suo dialetto, ma anche del veneto di cui faceva sfoggio ogni volta che si recasse nella laguna. Dunque tradurre il Romanzo nella parlata lombarda ha il valore di un ritorno alle radici, come quando l’austerissimo professor Fick tradusse i poemi omerici in Eolico, il primo dialetto dell’epica. Ma il Manzoni non si piccava di napoletano. E allora perché Raffaele Pisani, poeta partenopeo di gran tempra, che ebbe la fortuna di essere allievo di E.A. Mario, di conoscere Giuseppe Marotta, Antonio Altamura, e tanti altri maestri della bella Napoli di un tempo, si è impegnato nell’eroica fatica, benissimo realizzata, di sciacquare a Mergellina i panni che l’Autore ave strizzato in Arno? Per lo stesso motivo per cui l’abate Galiani fece parlare Socrate in napoletano. Per conferirgli il sapore della realtà e farlo uscire dalle scartoffie.
    60. Don Abbondio acquista un calore familiare: ”Nun era n’ommo ‘e chille traseticce,/ nun era onesto e manco disonesto,/ vuleva sta’ cujeto, senza mpicce,/ e s’era fatto prèvete pe’ chesto…”.
    61. Il lettore ha capito che non si tratta  di un rivestimento vernacolo del classico ottocentesco, ma della sua analisi sentimentale. Guardate l’Innominato davanti a Lucia: “ Nu friddo dint’ ll’osse ‘o ntesechette,/ na spina amara le pugnette ‘o core;/ ‘a faccia ianca ianca se facette/ e ‘n pietto ‘on turmentava nu dulore…”.
    62. Tratti rapidi, annotazioni di profonda umanità: come quando Catullo si appropriava dei versi greci e li colorava delle proprie passioni.
    63. Il libro ha avuto successo e la terza edizione è stata stampata da poco a Catania dalla CUECM. Non va letta come una curiosità, ma come opera di poetica fratellanza, din umana sensibilità. Il vasto romanzo viene colto nei tratti essenziali (in meno di 150 ariose pagine) che ne sono il cuore. Sarà la migliore introduzione alla poesia di Raffaele Pisani. (Sergio SCIACCA, LA SICILIA, 21 luglio 2013)
    64. “Versi per una città aristocratica e lazzara”. Poeta e scrittore, narratore lirico, attento innamorato della sua città natale, Raffaele Pisani canta Napoli: aristocratica e popolare, tranquilla e inquieta, colpisce la mente e il suo istinto rendendolo aperto agli altri, in una sorta di dialogo che è l’espressione del suo amore per la sempre cantata Napoli. E’ una poesia che appaga l’animo e spesso guarisce dalle ferite della vita quotidiana, toccando le corde del sentimento di chi legge. Un raccolta di poesie, stampata per la CUECM, scritta con maturo linguaggio dialettale, leggero, suadente, e a tratti duro. La brillante e acuta prefazione del professore Nicola De Blasi, ordinario di Linguistica Italiana presso l’Università Federico II, ne esalta la qualità e la sensibilità poetica. E non poteva essere altrimenti visto che Pisani si è nutrito sin da giovane dei consigli e della guida di un maestro come E.A. Mario che alimentò la sua passione per la poesia napoletana insegnandogli a tradurre in lirica sentimenti, stati d’animo, emozioni dell’uomo nella Napoli di oggi e di ieri. Voce autentica e spontanea quella di Pisani: egli con versi semplici ed efficaci affronta i problemi di Napoli ed incita alla reazione contro i mali secolari come il degrado e le ingiustizie sociali (“Lampadine fulminate”, “Napule è”, “Mettiteve scuorno”. La sua vasta produzione letteraria ormai non più contenibile sulla carta lo spinse anni fa a scrivere i suoi versi su di un muro a Posillipo portandosi così alla conoscenza di tutti con una nuova forma di comunicazione, travalicando i limiti della carta stampata e traslando su pagine di pietra fatti, storie, personaggi accennati, confusi o nascosti tra le pagine di libri di Storia o Quotidiani.. E’ un lento ma inesorabile cammino quello di Pisani, accompagnato dalla sua musa ispiratrice per scoprire, indagare il tempo, gli uomini di ieri e quelli di oggi ed indicare la strada per il riscatto attraverso l’impegno sociale e civile (“Gente, vuie v’affannate”, “ E nun ve rassignate”…). Scorrendo all’indietro la città-racconto tra mille percorsi accidentati, si vede e si descrive la gioia, l’allegria, ma anche la sofferenza, il degrado che rendono coraggiosi i napoletani e arditi chi descrive in poesia, con amore e passione il tempo di ieri e anche quello di oggi. E Raffaele Pisani sensibile nell’animo attinge a questi tempi alimentando da sempre la sua vena poetica, per questa che è la città più bella del mondo e la più sofferente ma proprio per questo quella che ispira poesia. (Federica GUIDETTI, “ROMA”, 25 ottobre 2013)