- Conobbi Raffaele Pisani il giorno che lessi di lui il vibrante, commosso saluto rivolto alla memoria di E.A. Mario. Si tratta di un vero poeta. La sua rettitudine si sposa egregiamente con la sua ispirazione. Sull’una e sull’altra, brilla un lume di dolce malinconia, però serenamente consolata, come la bruma del mattino che vela, senza pur offuscarla, la luce del suo golfo. Ne deriva lo splendore incerto, e pure così attraente di versi come quelli del Tramonto, di Notte ‘e settembre, di Vint’anne. Ma in Palomma il canto torna libero, lieve e felice qual è il volo della farfalla descritta. (Marco Ramperti, Prefazione a Vint’anne, 1961).
- Il linguaggio poetico di Pisani è quanto di più suadente, lieve e musicale ci porga la tradizione. Meraviglia la maturità dialettica del giovane, e meraviglia l’equilibrio espressivo suo. (Paolo Perrone, «La Voce di Napoli», 8 febbraio 1965).
- Poesie di limpida ispirazione, sempre interessanti. Una voce nuova che fa tanto bene ascoltare tra lo schiamazzo di troppi versificatori. (Ettore De Mura, «Ribalta Artistica», 1966).
- Ciò che di nuovo, di veramente nuovo, ci sembra di cogliere nelle poesie di Raffaele Pisani è la sorprendente capacità dell’autore di tradurre in versi, in lirica, in poesia sentimenti e stati d’animo profondamente vivi, attuali, «moderni» nel senso più vero della parola, universali in quanto riscatto della privata vicenda del compositore nella più generale condizione dell’uomo di oggi nel mondo di oggi. (Andrea Geremicca, «La voce di Napoli», 20 maggio 1967).
- La particolarità di Raffaele Pisani è che riesce sempre a dire ciò che gli canta nel cuore senza tuttavia andare in prestito da nessuno per idee, sentimenti e modo di esprimersi. La sua vena è genuina, il suo stile è facile ma mai banale, il verso musicalissimo, i metri spesse volte quasi preziosi. Poesia vera, dunque, la sua e sorretta sempre da una esemplare sincerità d’ispirazione oltre che da una esuberante ma sorvegliata sensibilità espressiva. Con i tempi che corrono sono, queste, qualità non da poco e su di esse si può fare pieno affidamento. (Giovanni Sarno, «Un secolo d’oro», Ed. Bideri, 1968).
- È una voce possente contro l’indifferenza del mondo il lavoro di Pisani attraverso poesia scorrevole e semplice eppure rigoristica. (Guido della Martora, «Roma Sera», 2 maggio 1973).
- L’interpretazione in poesia napoletana dei «Promessi Sposi» è ricca di pregi, e la prova da lui affrontata è superata brillantemente, sia per la fluidità del verso, che con costante naturalezza (quella naturalezza di così difficile realizzazione) esprime con nitida essenzialità gli stati d’animo e le reazioni psicologiche dei personaggi delle diverse categorie sociali, di cui è folto il romanzo, di fronte alle più diverse situazioni; sia per il palpito di schietta umanità che tutta la pervade; sia per il tono di liricità, che nei momenti culminanti arricchisce il racconto. (Sebastiano Di Massa, Prefazione a I Promessi Sposi in poesia napoletana, 1974).
- Pisani è tra i pochi a coltivare ancora la poesia dialettale napoletana; e vi si applica con amore umile e appassionato e con risultati spesso felici. Le intenzioni del giovane poeta riescono quasi sempre a venir fuori, con una loro accattivante e disarmante freschezza. (Michele Prisco, «Il Mattino», 15 gennaio 1975).
- Amore e poesia fanno tutt’uno; il bel sole del golfo e la chiara luna di Posillipo hanno la loro parte, ma la loro parte l’hanno, soprattutto, la freschezza e la perfetta arte del verso. Raro poeta, il Pisani, in questi nostri giorni che hanno dimenticato i temi popolari ed esigono forme di poesia cerebrale, per trascinarla nei contrasti civili, cruda e aspra e povera di armonia e di canto. (Carlo Ravasio, «La Notte», Milano, 5 maggio 1976).
- Raffaele Pisani è un poeta che spesso merita l’aggettivo «delicato »: però ha il merito di sapere che Napoli è un giardino dove tra i molti fiori si nascondono spine. E lui, fra fiori e spine, non ha paura di pungersi. (Giuseppe Di Bianco, «Roma», 2 febbraio 1977).
- Raffaele Pisani, valido combattente per la rinascita della poesia napoletana. (Settimia Cicinnati, «Roma», 24 marzo 1978).
- Con Raffaele Pisani la poesia napoletana smette marsine logore, abbandona gli antri bui e piagnucolosi di Boheme in piazza, si fa istrione, sale sugli autobus della metropoli, si avvinghia ai muri di cemento macchiati dai segni di cuori solitari, di repressi politici e repressi comuni. Chi ha il coraggio di scrivere: «Dio aveva criato Napule tale e quale a ‘o Paraviso: l’avimmo nchiavecata e ognuno ‘e nuie ce ha miso ‘o ssuio»? Chi ha l’ardire di scrivere e per giunta su un muro di cemento: «Nun aspettammo ca ce scenne sempe tutto ‘a cielo… Mparammoce ca malasciorta e bonasciorta c’ ‘e ffacimmo cu ‘e mmane noste». E lui, Raffaele Pisani, che a dieci anni leggeva Viviani, a 15 conobbe E.A. Mario, a 19 pubblicò il suo primo libro, a 40 predilige i muri per dipingere poesia. (Luciano Giannini, «Paese Sera», 10 ottobre 1980).
- Raffaele Pisani, napoletano e poeta, e per questo doppiamente genuino. (Mattias Mainiero, «Il Giornale d’Italia», 16 luglio 1981).
- Raffaele Pisani, poeta di Napoli che da più di vent’anni si dedica con accanita passione alla «riabilitazione letteraria» del dialetto partenopeo. (Pietro Treccagnoli, «Il Mattino», 30 luglio 1983).
- Raffaele Pisani tra i più fervidi e fecondi poeti della nuova generazione, d’ispirazione schietta… sempre spontaneo e appassionato. (Giovanni Artieri, «Napoli scontraffatta», A. Mondadori, 1984).
- “…Raffaele Pisani, proprio vivendo e soffrendo l’amaro quotidiano di Napoli, si fa ad ipotizzare per lei un qualcosa di straordinario (la assegnazione di un Nobel quale Città “ch’è nu vero paraviso,/ ca pe’ gente e pe’ strutture/ nun se vede a nisciun ato/ d”e paise, tutte quante,/ ca ce stanno p”o criato…”), di impensabile, al limite dell’irreale. Ed in questa cadenza non può non abbordare la via del fantastico, il cammino dell’improbabile, la strada dell’immaginario, mentalmente però desiderando e finalisticamente addirittura presagendo (” Chi sa… nu iuorno… ‘a tengo na speranza…” ) che il traguardo ideale di questo itinerario non debba consistere in una platonica utopia, quanto piuttosto in una non irraggiungibile realtà. E’ evidente che l’Autore muove da premesse allo stato inconcepibili – si potrebbe, oggi, configurare una Napoli civilmente ordinata, occupazionalmente serena, ecologicamente disinquinata? – per giungere alla conclusione che una siffatta meta può non essere teorica, che la stessa – in una dimensione, sì, idealistica, ma non impossibile – può venir conseguita, può rendersi concreta nella misura in cui si rendessero generalizzati ed operanti due, solo due elementi di straordinaria efficacia potenziale: ” nu poco ‘e serietà e bonacrianza”… “serietà” intesa come impegno di ciascuno, come fattivo apporto di ogni “civis” alla “polis”, come sforzo individuale mirato al benessere collettivo; “bonacrianza” (quanta genuina napoletanità in questa stupenda parola graficamente accorpata!) nel senso di norma del buon convivere, di civismo, di urbanità (proprio da “urbs”…). E non appaia semplicistica o riduttiva una simile “ricetta”: anche i risultati più grandi prendono le mosse dal “poco” (“Parva favilla…”) se quel “poco” è valido, se per quel “poco” si lavora, se in quel “poco” si crede. Raffaele Pisani mostra di credere molto in quel “poco”: di questa fideistica istanza, frutto di amore meditato e convinto, di passionalità pensosa e dativa, di attaccamento profondo ed antico, vibra e conclama tutta la sua Opera che in ogni espressione sa percepire e comunicare, manifestare ed espandersi, muovendosi a pieno agio anche nelle fluide ed armoniose quartine di “Napoli Nobel…issima”. (Renato de Falco, prefazione a “NAPOLI NOBEL…ISSIMA”, Ed. Del Delfino, Napoli, 1984)
- Coscienza critica, adulta sensibilità, questo testimoniano i versi di Pisani. (Pasquale Maffeo, «Il Campano», 15 marzo 1986).
- Il Pisani è la migliore dimostrazione che si può fare poesia, e vera poesia, su Napoli. (Vincenzo Fuso, «Ribalta», 1986).
- Pisani, un poeta napoletano contemporaneo che da anni si stacca dalla pletora degli improvvisatori per serietà di studi. (Gianni Infusino, «Il Mattino», 19 gennaio 1988).
- Pisani si muove su una linea di estrema sincerità espressiva, in una tessitura linguistica raggiungibile e fruibile da ogni lettore. (Aldo Onorati, «il Domani», 30 maggio 1989).
- Il poeta visivo Pisani si esalta nella immediatezza dei sentimenti semplici e mostra, in più casi, di essere riuscito a conseguire una felice osmosi tra parola scritta ed elaborazione grafica. (Gino Grassi, «Giornale di Napoli», 9 dicembre 1989).
- I sentimenti di Pisani sono scoperti, finanche spudorati, senza ritegno. E pudore e ritegno sono stati da sempre le sue caratteristiche che pure non gli hanno impedito di lanciare invettive (ricordiamone una per tutte: «Vestimmoce ‘e serietà»). (Mario Forgione, «Napoli Oggi», 30 maggio 1991).
- L’ispirazione e i germi dei buoni sentimenti, di cui ogni lirica di Raffaele Pisani è pregnante, contagiano anche chi è distratto o chi non ha una frequentazione assidua con la poesia. (Nello Pappalardo, «Giornale di Sicilia», 21 dicembre 1991).
- “Raffaele Pisani ha scelto il napoletano moderno come il mezzo ottimale per esprimere i suoi pensieri più profondi e le sue ansie ossessionanti che riguardano il presente, il mondo che lo circonda. In questo, la sua scelta è simile a quella di molti poeti dialettali sconosciuti alla corrente principale tradizionale elitaria della critica letteraria italiana, poeti che nel loro dialetto esprimono amori e timori scaturiti dall’esperienza moderna e postmoderna (e che sono spesso ingiustamente bollati di versificazione “in vernacolo con esiti di sconfortante provincialismo” (Brevini). Quello che distingue Raffaele Pisani dagli altri è il suo impegno civile profondissimo verso la sua Napoli. Con questo, non si vuol dire che la sua poesia non tocca altri temi; per esempio, il volume che racchiude le “preghiere” (Llà, cu ‘a speranza) è intensamente spirituale e illustra il suo interesse per le questioni di fede; un altro volume intitolato ” FRANCE’ ” rispecchia il suo lato sentimentale dolce ma non mielato perchè onestamente personale. L’impegno civile, dunque: queste due parole non sono termini vaghi triti né astratti per il poeta che scrive poesie napoletane per le scuole elementari e medie e soprattutto per il poeta che tracciò sui muri di una via di Napoli gli endecasillabi arrabbiati con cui si ribellava al menefreghismo di alcuni, alla prepotenza di altri, e alla colpa di tutti perché ” Dio aveva criato Napule tale e quale a ‘o Paraviso: l’avimmo nchiavecata! E ognuno ‘e nuie ce ha miso ‘o ssuio!”. Il suggerimento viene offerto in forma di dieci comandamenti per salvare Napoli – comandamenti che non hanno niente di religioso, anzi, propongono che i napoletani si rimbocchino le maniche e non aspettino l’aiuto divino: “Vestimmoce ‘e serietà!”. ” ‘Na messa pe’ Napule” unisce i due temi cari a Raffaele Pisani, quello della fede e quello dell’impegno civile, in un dialogo ritmico, scandito da un lato da toni di profondo sentimento spirituale e dall’altro da toni di disperazione per lo stato presente della sua città. Costante è dunque la tensione tra la spinta religiosa espressa dai due interlocutori – ‘e fedele e ‘o monaco – e lo stato rovinoso di Napoli. Ma alla religiosità e alla spiritualità non si chiedono miracoli; in realtà, il monaco è perfettamente conscio che i fedeli potrebbero fare finta di pregare. Non a caso il grido di incitamento per cambiare lo status quo è identico a quello del decimo comandamento per salvare Napoli: ” Vestiteve ‘e serietà!”. Questo lavoro è, nella sua delicatezza, molto potente e rivela ancora una volta e con più rabbia il bisogno del poeta di smuovere la gente e di aiutare i napoletani (ma forse non solo i napoletani) a costruirsi una vita più umana, più decente, senza inganni, senza prepotenze, senza fessi e fesserie. Raffaele Pisani non indugia su moralismi, incita all’azione. E questo è il dono più originale della sua poesia. (Jana Vizmuller-Zocco, dalla prefazione a ” ‘Na messa pe’ Napule”, Ed. C.U.E.C.M., Catania, 1992)
- Pisani è un poeta verace, serio, coerente e comunicativo al massimo. (Ines Lupone, Incontro culturale, settembre 1992).
- Pisani, pioniere e maestro del «Graffiti metropolitani», vincitore di premi nazionali per intensità e qualità della produzione, servendosi del dialetto napoletano (in realtà acquisito a linguaggio universale) come mezzo anche di comunicazione immediata, ha proseguito in quell’attività nella quale crede come in una missione, così come da sempre fa professione d’amore e di speranza per una Napoli che egli mai dimentica. (Enzo Perez, «Il Mattino », 31 ottobre 1992).
- Pisani si è sempre distinto per il suo convinto impegno in favore di Napoli e della sua cultura. Per stimolare i suoi concittadini, li ha punzecchiati, persino offesi: «Non dovete essere lampadine fulminate», «Vestitevi di serietà!». (Vincenzo Fasciglione, «Ribalta », ottobre 1992).
- Pisani si distingue per schiettezza di ispirazione e per impegno civile cogliendo riconoscimenti critici di rilievo ed entrando anche nelle antologie scolastiche. Il suo canto corrisponde perfettamente a quell’ansia di rinnovamento e di ricostruzione che oggi viviamo. Il poeta torna ad essere quello che era una volta l’interprete della coscienza del popolo, lo sprona per fare prevalere i valori positivi, per «riaccendere» quelle «lampadine» che ancora spesso sono spente. (Sergio Sciacca, «Espresso sera», 8 maggio 1993).
- Raffaele Pisani è oggi una delle voci più limpide della tradizione dialettale napoletana. (Salvatore Di Marco, «Giornale di Poesia Siciliana», maggio 1993).
- Pisani rappresenta l’autentica e schietta voce di Napoli, e con i suoi versi semplici ed efficaci spinge quella città a ribellarsi contro l’ingiustizia ed il degrado morale. (Maurizio Giordano, «Giornale di Sicilia», 17 luglio 1993).
- La poesia di Pisani, con solennità, parla alle «lampadine fulminate », agli uomini della sua terra che egli avrebbe voluto più fattivi, più coscienti, costruttivi, fuoco vivo, acqua sorgiva, stelle lucenti d’esempio di vita. Il dolore dell’uomo di fronte al proliferare delle lampadine fulminate si stempera nella natura che ancora fa bella Napoli. Il poeta parla di sé, parla d’amore, poi, torna severo, accusa, mette a nudo piaghe antiche e recenti per gridare forte: «Frate mieie napulitane, / v’avarria vuluto stelle, / comme ‘e stelle ‘e cchiù allummate, / tutte luce d’oro e no / lampadine fulminate! Ecco il monito della poesia di Pisani: si vesta di serietà la città che si è fatta punto di riferimento del degrado. (Angelo Calabrese, «il Domani», Napoli, 5 luglio 1994).
- Una vita dedicata alla poesia dialettale, erede del bagaglio culturale e della tradizione vernacolare napoletana di E.A. Mario, ed ecco presentato Raffaele Pisani, con una sintesi estrema imposta dallo spazio ma non da ciò che realmente si potrebbe dire di questo napoletano illustre, in modo semplice e schivo, che ai versi ha davvero dedicato la vita. Con amore, perché la poesia è amore, malinconia perché la poesia è malinconia e una fervidissima immaginazione, perché la poesia è anche questo. Fantasia che viene in soccorso della Realtà a spiegare i sentimenti attraverso le immagini lì dove anche la parola ha bisogno di un supporto visivo per dare maggiore vigore al suo significato. Pisani non è nuovo a questo gioco avendo già dato vita nel 1989 a «Poesigrafie», in cui segno grafico e verso venivano uniti in un tutt’uno perfetto e armonioso dove poesia e immagine che la raffigura e richiama si riflettono l’una nell’altra dandosi sempre maggiore vigore per elevarsi nel loro più alto significato. Avviene così anche per «Stelletelle», la più recente raccolta di versi di Pisani, circa 130 poesie, delle quali ventitré entrano a far parte di questa singolare esposizione grafica. (Costanza Falanga, dalla presentazione di «Ritagli da STELLETELLE», Galleria d’arte «Il Diagramma 32», Napoli, 29 ottobre 1994).
- Ebbene, lo confesso, mi è piaciuta davvero questa poesia (‘O sole) di Raffaele Pisani. Tutto concorre a farla bella: gli elementi cromatici forti, vividi, che l’autore getta sulla carta a pennellate energiche e precise. Il poeta ricrea la vita, come il suo adorabile «guagliunciello» sul quaderno di scuola. Grazie Raffaele. Anche se spesso, per il mondo editoriale, dialettale vuol di- re marginale, la tua poesia non lo è. (Ippolita Avalli, «Pratica», novembre 1994).
- Pisani si fa voce e interprete del popolo napoletano condannando lo stato dei fatti e delle cose in cui versa la città; egli implora il suo prossimo (dello stesso retaggio di sangue) perché insorga ideologicamente contro le ingiustizie messe in atto da persone senza scrupoli e perciò chiede, anzi rivendica un riscatto perché Napoli si ritrovi ancora in una condizione il cui privilegio le spetta per diritto e per censo. (Enzo Manzoni, «II Giornale di Napoli», 19 gennaio 1997).
- Raffaele Pisani è una voce importante della poesia napoletana contemporanea. (Salvatore Palomba, Napoli, parole e poesie, Napoli, Liguori, 1998).
- Pisani scrive poesie capaci di generare nel lettore grandi emozioni e intense vibrazioni armoniche. I suoi versi si tingono di una napoletanità dalle tinte forti, dalla sinfonia dolce che chiunque, napoletano e non, può sentire facendosi trasportare da note sincere e ispirate. (Daria Raiti, «La Sicilia», 23 maggio 2000).
- Nell’arco di un quarantennio la selezione dei temi ha reso originale e inconfondibile la poesia di Raffaele Pisani nel panorama della recente poesia dialettale. Tre sono i nuclei tematici prevalenti: la ricerca religiosa, l’impegno sociale e civile, l’amore. Queste diverse direzioni tematiche sono tenute insieme da una intrinseca qualità delle poesie di Pisani o, per meglio, da una disposizione mentale e caratteriale del poeta, che si configura in effetti come una precisa scelta di poetica. Pisani infatti non è un poeta concentrato su se stesso, non limita a se stesso il proprio orizzonte d’osservazione, ma è sempre proiettato verso l’altro. Nelle poesie d’amore al centro dell’attenzione non è il proprio sentimento, ma è la donna con la quale l’amore si realizza. Lo si vede molto bene nelle poesie che fanno da sottofondo a un saldo e delicato sentimento che lega l’autore a Francesca. […] La propensione verso l’esterno, verso gli altri, della poesia di Pisani è ancora più evidente nei tanti versi dedicati a Napoli, città amata – questa volta con sofferenza – e continuamente presente nelle diverse raccolte. Come l’amore, anche Napoli è un argomento che ritorna spesso nella poesia in dialetto, ma anche in questo caso l’angolazione scelta da Pisani si allontana dalla prospettiva più prevedibile. […] Se la visione dei problemi non conduce mai il poeta al cupo pessimismo o alla desolazione è anche perché i versi di Pisani sono animati e sorretti da una Fede profonda che impedisce all’autore di perdere fiducia nell’uomo. Anche in questo senso la sua poesia è aperta all’esterno: le intense e delicate preghiere di Llà, cu ‘a speranza (1988) nascono da un dialogo con il Signore che raggiunge momenti di una freschezza quasi francescana. […] In particolare per questo suo impegno cristiano la poesia di Pisani acquista una sua collocazione originale nella poesia italiana contemporanea; ma, d’altra parte, nel suo insieme essa merita di essere letta con attenzione e considerata non solo in rapporto alla poesia napoletana, ma nel quadro ricco e movimentato di tutta la poesia in dialetto dell’ultimo cinquantennio. (Nicola De Blasi, dalla Prefazione a Pisani, un poeta per compagno di Francesca Musumeci, C.U.E.C.M., Catania, 2005).
- Raffaele Pisani è un napoletano doc, un gentiluomo autentico, di quelli che Napoli non sforna più. Dalla figura fine, signorile, elegante. Dalla parlata accattivante. Pisani pensa e scrive in dialetto. Più che un poeta di salotto, Pisani è un poeta di strada, poeta dell’amore… ma la sua poesia si fa ardita, cambia registro, quando in opposizione alle moderne correnti e alla noia del quotidiano, confeziona versi fulminanti per una Napoli che non piace, che non va. (Umberto Franezse, «Albatros», Napoli, maggio 2006).
- La produzione poetica di Raffaele Pisani è di una vastità sorprendente: oltre ai volumi di versi propri egli ha arricchito di esperienze singolari la letteratura di Napoli. Geniale, infatti, fu la sua idea di realizzare sulle pareti della collina di Posillipo Un muro di poesie. Questa ci pare un’iniziativa che andrebbe sostenuta e sviluppata. […] La tecnica del verso di Pisani respira i tempi nuovi e segue nel canto fatto di perizia ed intelligenza una vena genuina e personale vibrante di musica e di armonie. (Ettore Capuano, «Letteratura a Napoli», Graus/editore, 2007).
- “Lota”: è questo il “leitmotiv” che caratterizza le “poesie per Napoli” di Raffaele Pisani, raccolte nel volume “METTITEVE SCUORNO” (CUECM, 2009). Quella “lota”, con cui Dio creò l’uomo, il quale, per lo più, di essa continua a mostrare d’essere fatto (… E creò l’uomo); una “lota” che, vasta quanto un mare (Manifesto pe’ tutte ‘e figlie ‘e Napule), “nchiaveca” le mani di quegli “uommene ‘e niente”, i quali hanno reso Napoli ” ‘o regno d”a zuzzimma” (Mettiteve scuorno) e vi hanno “zeffunnato” l’onore (Fermammece); nella quale affonda una “prucessione ‘e gente rassignata” (Napule è) e che anni di battaglie e secoli di sofferenze non sono bastati a eliminare (E’ maie pussibbele?), per cui vi nasce e vi muore ogni domani (Vesuvio, a ll’alba), ma che un arcobaleno gigante potrà asciugare (Na pianta ancora). Un’imprecazione, dunque, quella che Raffaele, che le vicende della vita hanno spostato da Napoli a Catania, indirizza a Napoli e alla sua gente; ma già Sant’Alfonso Maria de’ Liguori ravvisava anche nell’imprecazione un atto d’amore e, del resto, anche Antonio Lubrano grida, nei suoi versi dedicati a Procida: “Puozze sculà, Curricedda”. Sembra, allora, di leggere quasi un omaggio alla memoria dell’altro poeta, Gennaro Esposito, soprattutto quando Raffaele rimprovera ai napoletani di pretendere che sia sempre San Gennaro a provvedere per loro (‘O miracolo ‘e San Gennaro); un significativo passo avanti, però, è costituito dalle proposte, ch’egli stesso formula: in qualche modo, infatti, egli auspica che a promuovere il riscatto della città possano essere proprio i poeti (Atto ‘e dulore) e, anzi, si fa anche carico d’offrire suggerimenti (‘E diece Cumandamente) – non ultimo, quello ” ‘e fravecà sustanza” (Vurria) – e di dare egli stesso l’esempio (Na pianta ancora). Napoli e Catania sono, dunque, i “luoghi dell’anima” di Raffaele; e, per quanto la forzata lontananza dalla prima abbia un prezzo (Costa), tuttavia, anche il cielo di Catania, città della gentile Francesca, porta, talvolta, un consolante ” schìzzeco ‘e luce / nu palpito ‘e voce / ‘e Napule mia” (Cielo ‘e Catania). Il volume è impreziosito da una lettera-prefazione del Procuratore generale della Repubblica di Napoli Vincenzo Galgano, e, in copertina, da una tempera del pittore Gianni Pisani, fratello dell’autore. Sergio ZAZZERA, “il Brigante” -quotidiano per il Sud- 17 luglio 2009
- Nel panorama della poesia dialettale napoletana Pisani ricopre un posto di primo piano e tutti dobbiamo essere grati al Poeta per quanto fa da oltre un cinquantennio per tenere vivo un dialetto che da molti, a giusto motivo, viene considerato una vera e propria lingua. (Nicola Squitieri, «Avanti», 30 luglio 2009).
- «Mettiteve scuorno», sfogo sacrosanto di un poeta ferito nell’animo dal degrado della sua terra dove affaristi e speculatori agiscono indisturbati nel più assoluto disprezzo delle leggi. Questa volta il poeta mette da parte la sua tradizionale vena idilliaca, il suo linguaggio aulico per tuonare con decisione contro i «nuovi barbari». (Santo Privitera, «La Sicilia», 3 agosto 2009).
- «Mettiteve scuomo» è un grido di dolore che dà voce all’indignazione di tutti i napoletani, un’intensa invocazione di giustizia, una richiesta di aiuto a Dio, che non si ferma di fronte a tutto il marcio che ha fatto scempio di una terra meravigliosa. Un’intera vita, quella di Pisani, dedicata alla poesia di Napoli. (Alfredo Tommaselli, «Roma», 7 agosto 2009).
- Raffaele Pisani da anni con le sue poesie canta il suo amore per la città, portando avanti la sua resistenza contro le ingiustizie sociali. Mettiteve scuomo esprime la volontà di risvegliare le coscienze dall’indifferenza rispetto ai problemi che affliggono la città. Il Poeta lancia invettive e invita i napoletani ad assumersi le proprie responsabilità e a ribellarsi a tanto degrado. (Elda Oreto, «la Repubblica», 29 agosto 2009).
- Raffaele Pisani vive quotidianamente di pane e Napoli. Un poeta di cui si vengono riconoscendo nei nostri giorni qualità e aspetti finora non rilevati. Autore di esperimenti letterari di non piccolo impegno. Cantore musicale e tenero della bellezza di Napoli, ma anche pronto, con energici scatti di passione ed efficace espressione, a buttar via come zavorra tanti luoghi comuni su questa città, nella prospettiva di un suo riscatto. (Ugo Piscopo, «Corriere del Mezzogiorno», 1 novembre 2009).
- La poesia di Pisani ci invita ad una presa di coscienza per farci riflettere su ciò che abbiamo combinato e darci un appiglio cui aggrapparci per uscire dalla lota in cui ci siamo pericolosamente immersi. (Luigi Antonio Gambuti, «dodici pagine», Afragola, 5 dicembre 2009).
- Raffaele Pisani, una vita tutta dedicata alla poesia napoletana per un solo sogno: vedere Napoli riconquistare il ruolo di città di arte, cultura e bellezza, il ruolo di «capitale d’Europa» amata e rispettata in tutto il mondo. («Quotidiano di Sicilia», 17 dicembre 2009).
- Questo libretto di Pisani (Mettiteve scuorno) bisognerebbe farlo studiare a scuola, bisognerebbe recitarne qualche brano nelle assise nazionali dove si radunano gli egregi che si sentono eterni ma che – è una legge di natura – finiranno pure loro. (Sergio Sciacca, «La Sicilia», 15 agosto 2009).
- Napoli ha toccato davvero il fondo se un poeta dall’animo gentile e signorile, qual è Raffaele Pisani, esprime tutto il suo sdegno per come è stata ridotta la città che da “riggina d”e rriggine” è diventata ” ‘O regno d”a zuzzimma”. “Mettiteve scuorno” (Poesie per Napoli), CUECM, 2009 – è l’ultima sua raccolta di versi, preceduta da una significativa lettera di Vincenzo Galgano, Procuratore generale della Repubblica, impegnato in prima linea per il ripristino della legalità nella città partenopea, obiettivo difficile, ma da raggiungere a ogni costo. E, appunto, le parole di Galgano consentono di recepire da subito che, come, in verità, sogna il poeta, l’onestà, la sincerità, la lealtà, il senso civico, tutte verità che sembrano sparite per sempre, sono appena dietro l’angolo, perchè “se sognare è desiderare, prima o poi il desiderio piega le cose e si realizza”. Denuncia sociale, dunque, rabbia, ma anche una velata speranza di riscatto nella poesia di Pisani, come, appunto, nel cuore di qualsiasi idealista. Se, dunque, prenderemo coscienza che niente è perduto, impegnandoci a compiere bene il nostro dovere, allora sì che potremo realizzare una decisiva inversione di tendenza. Franco Di Peso, “Cilento”, mensile di politica, cultura, economia e ambiente, 4 gennaio 2010
- Metti una sera a cena tra poesia e buffet condominiale. Non è una boutade o una chimera, ma l’originale formula conviviale ideata e messa in pratica in queste serate estive da Raffaele Pisani, napoletano verace e amante della poesia, ormai catanese d’adozione. Pisani ha infatti deciso di sperimentare questa pratica di possibile armonia condominiale in un palazzotto di via Plebiscito, a ridosso di San Domenico, a Catania. Ha fatto circolare inviti ai condomini, a qualche parente e amico et voilà: ecco servita una sorprendente serata nel cortile condominiale a base di recital letterari e pietanze cucinate in casa da ciascuno dei convitati. E tra versi della Centona di Martoglio, poesie d’autore e sceneggiature teatrali fatte in casa e recitate dall’intera famiglia, in un groviglio di dialetti tra il siciliano, il pugliese e il napoletano, un intero condominio ha scoperto il piacere di trascorrere un momento di spensieratezza tra cultura e gastronomia (e anche qui c’è da fare le lodi ai presenti!). (Gianluca Reale, «Vivere – La Sicilia» 2 settembre 2010).
- Leggendo i versi di Pisani si scopre la musicalità del napoletano, la duttile freschezza riscontrata con Di Giacomo di cui si sente allievo, benché fra i temi si scoprano interpretazioni personali di altri versanti letterari e pure rifacimenti biblici con richiami alla religione, agli affetti familiari e all’amore che pongono il poeta napoletano fra i più apprezzati. (Pasquale Almirante, «La Sicilia», 18 dicembre 2010).
- Ci sono da operare due preliminari considerazioni per comprendere e giustificare il coraggio di quelli che come quest’abile cantore di Napoli, “fanno” poesia. La prima cosa da dire, è che la capacità di vincere le resistenze poste da un’idea malintesa di modernità (purtroppo tragicamente e nervosamente trionfante) è oramai una cosa rara, quindi solo l’amore vero e la passione sfrenata verso la poesia, possono affrontare il silenzio che spesso circonda le parole dei poeti e trarre nonostante ciò, la forza necessaria per continuare a percorrere la strada povera ed in salita della poesia nell’epoca attuale. La seconda cosa da dire, è che sembra impresa donchisciottesca, “fare”, in questo spazio ed in questo tempo, non solo poesia, ma poesia in dialetto. Poesia in dialetto, in un mondo che nell’inseguire la globalizzazione, sembra quasi voler perdere le differenze, che spesso sono le caratteristiche ontologiche del sentire di un popolo, soprattutto, quando si tratta di quelle linguistiche, per arrivare ad un lingua unica ed universale e senza dubbio più povera. (Fabrizio Grasso, «i Vespri», Catania, 31 dicembre 2010).
- “Francesca Musumeci in “Pisani, un poeta per compagno” – C.U.E.C.M. Catania – ci descrive il carattere, la vita e le opere di un uomo che, da napoletano, scrive in dialetto, mgnificando la bellezza e l’autenticità di una “lingua” dagli orizzonti incontaminati. Emozioni, speranze, lamenti. Rime di amore, tristezza; versi che smascherano i sotterfugi della società. Da ricordare l’interpretazione in poesia napoletana dei “Promessi Sposi” e dei nostri massimi poeti dal ’200 ad oggi: San Francesco, Pasolini, Federico II di Svevia, Quasimodo, Montale, De Amicis, Leopardi, D’Annunzio ecc. La Musumeci riporta fedelmente i pensieri dell’artista, ci coinvolge nelle atmosfere vissute accanto a “Raffaele”, incontrato per caso nell’81ad un convegno nazionale di poesia dialettale. Catania ha adottato Pisani grazie all’unione dei due e da sempre egli l’ha definita una “piccola Napoli”. Per Pisani poetare è uno stile di vita, raffinato ma semplice, con l’unica pretesa di conservare intatte le realtà positive di una città controversa come la nostra Partenope. Bellissime le scene di Pisani che negli anni ’80 – autorizzato dall’allora Sindaco, il Senatore Maurizio Valenzi – dipinge sui muri di via Stazio a Posillipo ” ‘E diece cumandamente pe’ salva’ Napule” ed altre sue poesie. Ed ancora negli anni ’90, sempre a Napoli, distribuisce per strada raccolte di poesie distensive agli automobilisti stressati dal traffico. Una vita tra tradizione e innovamento, assolutamente straordinaria”. (Alessandra Di Dio, “Roma”, 30 dicembre 2010)
- Questa città, si racconta nel componimento che apre “COMME NASCETTE NAPULE” (Ed. C.U.E.C.M. Catania, 2011), è stata creata per essere donata a Maria, indice di grandezza e ” nu paese accussì bello/ c’ha dda essere p”a gente/ un autentico giuiello!”, un pezzo di Paradiso scelto da Dio per essere portato sulla terra. Un frammento perfetto di un mondo immacolato portato qui, nel nostro mondo, una responsabilità data a chi ancora non riesce a conservare la bellezza di questa città; i napoletani vengono ritratti come “lampadine fulminate” di questo cielo blu perché rimangono immobili davanti ai cambiamenti di questa città eterna che piano piano sta cadendo. Pisani, inoltre, dedica a tutti gli innamorati e al suo amore uno spazio di poesie d’amore come “L’albero tuio” dove si concede un po’ di ombra e di riposo al proprio amante e scene di vita quotidiana insieme come in “Nnanz”o ffuoco”.
- Un poeta e uno scrittore sincero che attraverso l’accostamento di parole e versi si fa voce dei pensieri altrui; di un uomo che vuole spogliarsi del completo grigio da ufficio e tornare nella sua terra di colori, di sole e di amore. Evadere da un mondo triste, innamorarsi, avere fede e combattere, questi sono gli elementi che fanno della poesia di Pisani un’opera nuova, semplice, diretta. (Naomi Mangiapia, “ROMA”, 1 novembre 2011)
- Figura amabile da signore di altri tempi, Raffaele Pisani, nato nel 1940, è autore di una trentina di raccolte di poesie in dialetto napoletano. Pubblica adesso FRANCE’, con la C.U.E.C.M., Editrice Catanese di Magistero, storica e benemerita casa editrice nata dall’intelligenza di un altro gntiluomo, Nicola Torre, troppo precocemente scomparso. L’amore non soltanto giustifica la vita, ma la origina, la attraversa, la illumina, la redime, è questo il filo discorsivo sotteso al libro. Un amore che è comune a luoghi anche distanti, apparentemente diversissimi. “L’amore si fa insomma esperienza totale, attraverso cui viene filtrato ogni altro aspetto della realtà, e diviene condizione esistenziale che dispone a un amore più grande” annota Nicola De Blasi nella prefazione. Pisani è un poeta fondamentalmente lirico, che nei suoi versi raccoglie e traspone emozioni, colori dell’anima, che esprime un sentire complesso, ma tutto sommato positivo, della realtà e del nostro destino. (Renato Pennisi, “Osservatorio della poesia in dialetto”, Scordia, CT, 2011)
- “Raffaele Pisani è stato il primo ad inserire Gandhi, Madre Teresa di Calcutta e Anna Frank nella poesia dialettale. Cantore dell’amore e dell’impegno sociale è in libreria con due raccolte di versi, entrambe pubblicate dalla CUECM, “COMME NASCETTE NAPULE” e “FRANCE’, poesie d’ammore pe’ Francesca”, con la prefazione dello storico della lingua e studioso del napoletano Nicola De Blasi. “Comme nascette Napule” deve il titolo alla lirica d’apertura, che immagina un Dio impegnato a creare Napoli con l’aiuto di San Pietro per farne omaggio alla Madonna. Un regalo che nasce come un’opera d’arte e viene rovinato dai napoletani: “Che peccato ca po’ Dio/ dette tutto mmocch”e cane/ affidanno stu tesoro/ proprio a nnuie napulitane!” Il volumetto affianca alla poesia di denuncia altri temi cari all’autore, come l’amore per la moglie Francesca. Il mondo nascosto dei sentimenti, in questa raccolta solo accennato, diventa predominante invece in “FRANCE’ ” che Nicola De Blasi definisce “rivoluzionaria” in un’epoca caratterizzata dal consumismo affettivo. Anche qui una poesia limpida e chiara per raccontare – come in un diario scandito da luoghi, mesi e stagioni – un amore fatto di piccole cose, evocato nella sua quotidianità e in un rapporto che sa di antico, dove il sentimento per la donna amata diventa paradigma esistenziale”. (Ida Palisi, “Il Mattino”, 2 gennaio 2012)
- “Manzoni in napoletano per conferirgli il sapore della realtà”. Una parafrasi dei Promessi Sposi in lingua napoletana? E perché? La domanda è legittima. In quasi due secoli di esistenza il capolavoro manzoniano è stato tradotto e versificato diverse volte nella propria parla di quel ramo del lago di Como. Il Manzoni era legato a quella parlata. Quando divenne Grande i suoi amici si incontravano in una cameretta del suo palazzo e parlavano in milanese. Come raccontano i testimoni dell’epoca era appassionato non solo del suo dialetto, ma anche del veneto di cui faceva sfoggio ogni volta che si recasse nella laguna. Dunque tradurre il Romanzo nella parlata lombarda ha il valore di un ritorno alle radici, come quando l’austerissimo professor Fick tradusse i poemi omerici in Eolico, il primo dialetto dell’epica. Ma il Manzoni non si piccava di napoletano. E allora perché Raffaele Pisani, poeta partenopeo di gran tempra, che ebbe la fortuna di essere allievo di E.A. Mario, di conoscere Giuseppe Marotta, Antonio Altamura, e tanti altri maestri della bella Napoli di un tempo, si è impegnato nell’eroica fatica, benissimo realizzata, di sciacquare a Mergellina i panni che l’Autore ave strizzato in Arno? Per lo stesso motivo per cui l’abate Galiani fece parlare Socrate in napoletano. Per conferirgli il sapore della realtà e farlo uscire dalle scartoffie.Don Abbondio acquista un calore familiare: ”Nun era n’ommo ‘e chille traseticce,/ nun era onesto e manco disonesto,/ vuleva sta’ cujeto, senza mpicce,/ e s’era fatto prèvete pe’ chesto…”.Il lettore ha capito che non si tratta di un rivestimento vernacolo del classico ottocentesco, ma della sua analisi sentimentale. Guardate l’Innominato davanti a Lucia: “ Nu friddo dint’ ll’osse ‘o ntesechette,/ na spina amara le pugnette ‘o core;/ ‘a faccia ianca ianca se facette/ e ‘n pietto ‘on turmentava nu dulore…”.Tratti rapidi, annotazioni di profonda umanità: come quando Catullo si appropriava dei versi greci e li colorava delle proprie passioni.Il libro ha avuto successo e la terza edizione è stata stampata da poco a Catania dalla CUECM. Non va letta come una curiosità, ma come opera di poetica fratellanza, din umana sensibilità. Il vasto romanzo viene colto nei tratti essenziali (in meno di 150 ariose pagine) che ne sono il cuore. Sarà la migliore introduzione alla poesia di Raffaele Pisani che di poesia fin dai suoi esordi con i grandi poeti di Partenope,ne ha scritta molta. (Sergio SCIACCA, LA SICILIA, 21 luglio 2013)
- “Versi per una città aristocratica e lazzara”. Poeta e scrittore, narratore lirico, attento innamorato della sua città natale, Raffaele Pisani canta Napoli: aristocratica e popolare, tranquilla e inquieta, colpisce la mente e il suo istinto rendendolo aperto agli altri, in una sorta di dialogo che è l’espressione del suo amore per la sempre cantata Napoli. E’ una poesia che appaga l’animo e spesso guarisce dalle ferite della vita quotidiana, toccando le corde del sentimento di chi legge. Un raccolta di poesie, stampata per la CUECM, scritta con maturo linguaggio dialettale, leggero, suadente, e a tratti duro. La brillante e acuta prefazione del professore Nicola De Blasi, ordinario di Linguistica Italiana presso l’Università Federico II, ne esalta la qualità e la sensibilità poetica. E non poteva essere altrimenti visto che Pisani si è nutrito sin da giovane dei consigli e della guida di un maestro come E.A. Mario che alimentò la sua passione per la poesia napoletana insegnandogli a tradurre in lirica sentimenti, stati d’animo, emozioni dell’uomo nella Napoli di oggi e di ieri. Voce autentica e spontanea quella di Pisani: egli con versi semplici ed efficaci affronta i problemi di Napoli ed incita alla reazione contro i mali secolari come il degrado e le ingiustizie sociali (“Lampadine fulminate”, “Napule è”, “Mettiteve scuorno”. La sua vasta produzione letteraria ormai non più contenibile sulla carta lo spinse anni fa a scrivere i suoi versi su di un muro a Posillipo portandosi così alla conoscenza di tutti con una nuova forma di comunicazione, travalicando i limiti della carta stampata e traslando su pagine di pietra fatti, storie, personaggi accennati, confusi o nascosti tra le pagine di libri di Storia o Quotidiani.. E’ un lento ma inesorabile cammino quello di Pisani, accompagnato dalla sua musa ispiratrice per scoprire, indagare il tempo, gli uomini di ieri e quelli di oggi ed indicare la strada per il riscatto attraverso l’impegno sociale e civile (“Gente, vuie v’affannate”, “ E nun ve rassignate”…). Scorrendo all’indietro la città-racconto tra mille percorsi accidentati, si vede e si descrive la gioia, l’allegria, ma anche la sofferenza, il degrado che rendono coraggiosi i napoletani e arditi chi descrive in poesia, con amore e passione il tempo di ieri e anche quello di oggi. E Raffaele Pisani sensibile nell’animo attinge a questi tempi alimentando da sempre la sua vena poetica, per questa che è la città più bella del mondo e la più sofferente ma proprio per questo quella che ispira poesia. (Federica GUIDETTI, “ROMA”, 25 ottobre 2013)
- “Il linguaggio poetico di Pisani è quanto di più suadente, lieve e musicale ci porga la tradizione. Meraviglia la maturità dialettica del giovane,, e meraviglia l’equilibrio espressivo suo.” Già così lo definiva Paolo Perrone in un articolo uscito l’8 febbraio 1965 sul giornale “La Voce di Napoli”, quando Raffaele Pisani era ancora un ventiquattrenne reduce dalla pubblicazione dei primi componimenti in napoletano. E’ stato proprio a partire da quegli anni, infatti, che il poeta ha iniziato a celebrare in più modi e in più opere la propria città natale con ardore e attaccamento: da Na messa pe’ Napule a Napoli nobel…issima, da “Napule è” a Stelletelle, l’autore ha fatto sentire di decennio in decennio una voce levata a ricordare le bellezze del capoluogo campano e un’altra levata a muovere una richiesta di aiuto per coloro che potrebbero rendere questa città ancora migliore, ma che, troppo accecati dal potere o da interessi personali, se ne dimenticano. Non a caso il poeta stesso ha definito costoro “lampadine fulminate” e si è servito di tale espressione per dare il titolo ad un’altra raccolta di versi, nella quale la critica ai politici attuali rispetto a ciò che Napoli non riesce a diventare è spietata e sofferta, incalzante e diretta. Dal 1953 allievo prediletto del poeta e melodista E.A. Mario (autore de La Leggenda del Piave e di numerose canzoni di successo), Raffaele Pisani ha consacrato la propria penna non solo alla lirica “sociale” ma anche a un credo religioso mai venuto meno e all’amore in ogni sua forma, come dimostrano rispettivamente la raccolta “LLA’, CU ‘A SPERANZA” e “FRANCE’ “. La prima contiene una serie di preghiere in dialetto, mentre la seconda è interamente dedicata alla moglie Francesca Musumeci, legata al poeta da 33 anni e che si è occupata di curare il libro “ PISANI, un poeta per compagno “ ripercorrendone il lungo cammino di dedizione alla poesia.
(Eva MASCOLINO, “VOCI di CITTA”, Catania, 3 febbraio 2014 – L’articolo completo è riportato nella sez. “eventi” del sito www.raffaelepisani.it)
- Proteggere e coltivare la poesia è operazione rara e quindi preziosa. Oltre quattrocento scuole elementari e medie di Napoli hanno ricevuto gratis due copie di
“POESIE NAPOLETANE” - C.U.E.C.M. Cooperativa Universitaria Editrice Catanese di Magistero. E’ un’iniziativa di Raffaele Pisani, poeta napoletano a Catania, sul cui sito si può scaricare il libro.
Aldo CAZZULLO, “SETTE – CORRIERE DELLA SERA, 21 marzo 2014
- Vive da venti anni a Catania, lontano dalla sua Napoli, ma è come se non avesse mai lasciato l’amata città. Con la sua vena poetica, nel forte e dichiarato legame con la moglie Francesca, continua a evocarla, descriverla, pensarla, citarla e proteggerla.
Raffaele Pisani, poeta e scrittore che in ogni suo scritto si definisce “napoletano a Catania” è instancabile nelle emozioni e nelle invenzioni letterarie, che ha riversato in decine di libri e articoli o anche in mail che portano sempre il segno della nostalgia. Ed è sul filo diretto di una fitta corrispondenza che ho completato un’intervista che andava fatta. Anche per riconoscenza a tanto amore alla città ferita.
(Dall’intervista “Un napoletano a Catania” di Giuliana Gargiulo, “ROMA”, 14 settembre 2014, riportata integralmente nella sez. “eventi” del sito www.raffaelepisani.it)
- Pisani, poesia che riscopre la tradizione del dialetto –
“Puete, figlie ‘e Napule, guardateve/ nu poco meglio attuorno e nun screvite/ ca chistu cielo è sempre senza nuvole,/ ca ‘o mare è azzurro e ca ve ntennerite/
sentenno ‘e nnote ca ‘e pianine spanneno/ pe’ dint’’e viche cu ‘e balcune ‘n fiore/ addò ‘e ffigliole belle sempe cantano/ e addò ce ride ‘a passione e ‘ammore./ Nun ‘e screvite cchiù tutte sti cchiacchiere,/ guardatavella meglio ‘sta città:/ scetateve ‘a stu suonno, ‘a chesta favula/ ca è proprio n’ata cosa ‘a verità!”
Bastano questi versi della canzone “Atto ‘e dulore”, musicata da Amedeo Pariante, per capire perché Raffaele Pisani è tra gli autori più alti della poesia napoletana di oggi. Ha il senso del tempo che passa. Giusto che sia lui a firmare POESIE NAPOLETANE per le SCUOLE ELEMENTARI e MEDIE, ora apparso in nuova edizione, la terza, per i tipi della CUECM (158 pagine, 12 euro). Il libro si inserisce, con l’evidenza dei fatti, nell’eterno dibattito sulla necessità di portare in classe l’insegnamento della lingua di Partenope. Ed è per lui un’altra tappa nel rilancio della poesia in un vernacolo “armonioso, ricco, frizzante, concreto”. Quarant’anni fa Michele Prisco, proprio su questo giornale, gli attribuì “accattivante e disarmante freschezza”. Dal 1990 Pisani vive in esilio d’amore a Catania e continua la sua battaglia avendo per arma le rime. E’ nato ad Afragola il 3 gennaio 1941, è cresciuto fra il paese natale, la casa paterna di Salita Tarsia a Napoli e quella dei nonni a via Salvatore Rosa. Nel 1953, stabilitosi definitivamente a Napoli, incontra E.A. Mario: il suo esempio, il suo maestro. Pisani ha operato tenendo bene in mente un consiglio di Giuseppe Marotta: ”Quando credi di aver fatto bene, concediti una giornata e una nottata di sosta. Poi rileggi quello che hai scritto e ti accorgerai che lo devi riscrivere”. E’ stato uno sperimentatore, un creatore di poesia visiva (poesigrafie), un anticipatore della moda dei graffiti, con versi tracciati nel 1980, per cento metri, su un muro di via Stazio col permesso del sindaco Valenzi. Ha garbo e dono della sintesi, Pisani, perciò è ben adatto a parlare ai più giovani, a fargli capire che non c’è vecchiume nel modo di esprimersi dei padri. Nel testo ogni poesia ha un corredo didattico: spunti di riflessione,, vocabolario, invito a trasformare le parole in disegni. Sentimento e chiarezza, doti che sopravvivono al tempo vertiginoso del web. Dai versi si affacciano figure come Anna Frank (“ma dint’’a storia resta nu quaderno”) e lampi di luce come la cometa di Halley. Una sezione è dedicata alla versione in napoletano dei grandi classici italiani, da Dante a Manzoni, da Carducci a De Amicis. Insomma, un lavoro adatto non soltanto ai ragazzi, la prova che la tradizione non nega la modernità, anzi l’accompagna. Napoletanità è una parola consumata, ma se la usi bene fa ancora rima con sincerità.
Pietro GARGANO, “IL MATTINO”, 21 dicembre 2014
- Oggi, che i giovani (anche per nostra colpa, e non tutti fortunatamente) mancano di ideali, è benvenuto il volumetto di Raffaele che racchiude, in occasione del “Centenario della Grande Guerra”, tre momenti fondamentali della storia d’Italia. L’autore, infatti, intende ridestarli dal torpore facendo loro capire che
LA LEGGENDA DEL PIAVE non è solo una canzone, che il MILITE IGNOTO non è solo un monumento nazionale e che l’INNO di MAMELI non si canta solo all’inizio della partita di calcio. In questo modo egli si adopera per risvegliare in loro la voglia di lottare per la pace e per la libertà, diventando cittadini consapevoli.
Maria ROMEO, “IL RIEVOCATORE”, Napoli, Gennaio/Marzo 2015
- (Intervista di Claudia LANZETTA)
Riscoprire un classico della letteratura è sempre emozionante ed intrigante: alcune opere sono eterne, alcuni personaggi intramontabili, alcuni spunti alla riflessione necessari.E’ il caso del capolavoro di Alessandro Manzoni “I Promessi Sposi”, un romanzo che ha affascinato intere generazioni e ispirato le menti più feconde. Tra queste, c’è senza dubbio quella del poeta napoletano Raffaele Pisani. Nato nel 1940, Pisani inizia giovanissimo a coltivare la sua passione per la composizione lirica anche grazie all’amicizia con il “maestro” E.A. Mario, e nella sua lunga carriera si contraddistingue sempre per la capacità di trasformare la materia viva in poesia.Per questo, nessuno meglio di lui avrebbe potuto reinterpretare “I Promessi Sposi” nella musicale lingua partenopea, rendendo l’opera incredibilmente palpitante.Il romanzo “risciacquato nel mare di Mergellina” diventa un poema in endecasillabi a rima alternata: il passaggio dalla prosa alla poesia, grazie alla penna di Raffaele Pisani, ha il sorprendente effetto di rendere l’intreccio più scorrevole ed avvincente.Ancora una volta Raffaele Pisani si dimostra un poeta nell’accezione più alta del termine, un uomo che vive in una dimensione umana e che per questo sa coglierne l’essenza.
Da dove nasce l’idea di una versione partenopea dei promessi sposi?
L’idea di reinterpretare il grande classico in chiave napoletana è del 1974: ho sempre trovato “I Promessi Sposi” una storia intrigante e ricca di belle immagini. Inoltre l’ho sempre accostata alle tipiche sceneggiate napoletane per il loro elemento centrale e più caratteristico, ovvero la perpetua lotta tra il bene e il male».
Quali sono le differenze tra la sua opera e quella di Manzoni?
Ho cercato di rispettare sia la trama che le peculiarità dei personaggi: Napoli ha una grossa tradizione di traduzioni di opere in lingua napoletana. E naturalmente anche le opere napoletane sono state spesso tradotte, un esempio celebre è “Lu cunto de li cunti” di Gianbattista Basile tradotto in italiano da Benedetto Croce e portato alla ribalta dall’ultimo film del regista Matteo Garrone».
Se “I Promessi Sposi” fosse stato ambientato a Napoli, quali caratteristiche avrebbe avuto il romanzo?
Credo che l’idea di ambientare l’opera nella città all’ombra del Vesuvio non sia una scelta tanto azzardata: Napoli è, secondo me, la città ideale per i personaggi manzoniani. Nei miei “Promessi Sposi” i bravi diventano i guappi e Don Abbondio è l’incarnazione dell’ignavia, né onesto né disonesto, uno che –come tanti nella realtà- ha preso i voti per comodità e non per vocazione».
Che messaggio intende lanciare con questa reinterpretazione partenopea dell’opera?
Il messaggio che intendo veicolare si trova nella chiusura del poemetto: il corpo di Don Rodrigo, esamine, viene scansato da tutti. Non riesce a suscitare pietà alcuna. Questo ci fa capire che chi si comporta in modo cattivo alla lunga sarà odiato dagli altri, soprattutto dai giusti. E non parlo di un “giusto” religioso, ma di una persona retta umanamente parlando. La morale è che solo chi fa del bene lascia qualcosa in questo mondo».
Claudia LANZETTA, “XXI SECOLO”, Napoli, 13 giugno 2015
Last modified onLunedì, 12 Settembre 2016 11:04
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